Regia di Jean-Pierre Melville vedi scheda film
“Il silenzio del mare” è storicamente importante per essere stato l’esordio, produttivamente osteggiato, di un autore speciale sotto tutte le accezioni del termine, a cominciare dalla straordinaria maturità registica qui dimostrata (estremamente efficace e stilisticamente accorta). E’ infatti un film innovativo per metodi di realizzazione, ambientazioni naturali, e tecniche da caméra-stylo (come giustamente sottolineato da Joseba). E’ altresì opera non esente da alcuni difetti, in parte giustificati dagli scarsi mezzi a disposizione del regista transalpino (fra cui un interprete principale espressivamente non sempre all'altezza, a differenza della magnifica Stéphane) e dalla mancata riequilibratura delle venature scioviniste del testo, a dire il vero pienamente giustificabili per un romanzo scritto nel 1942 durante l'occupazione nazista della Francia; a discolpa di Melville va tuttavia detto che la presenza della retorica patriottica era "il" requisito imprescindibile affinchè Vercors e una commissione di partigiani concedesse i diritti di utilizzo commerciale di un film che il cineasta aveva praticamente finanziato di tasca propria (in aperta contrapposizione al coevo sistema istituzionale del cinema francese). Si notano infine solo un paio di acerbità da opera prima, essenzialmente nel tono sbagliato della scena in cui la fidanzata tedesca strappa le zampe ad un insetto, e nell'utilizzo ridondante e letterario della voce-off, poi perfezionato negli anni, per il resto non siamo affatto distanti dai capolavori dell'ultima parte di carriera (da me venerati). Considerate le incertezze "interiori" e le difficoltà esterne poi incontrate da Melville nel suo "periodo di mezzo" (1949-1960) prima di imboccare la "strada maestra", Il silenzio del mare rimane il suo miglior film fra i "non-polar" e nella storia della cinematografia francese il primo effettivo precursore della "nouvelle vague".
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