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The Beatles - Eight Days a Week

Regia di Ron Howard vedi scheda film

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La recensione su The Beatles - Eight Days a Week

di mc 5
10 stelle

Che dire, da dove cominciare? Ma soprattutto come maneggiare un commento su un film che verte tutto su una passione della tua vita? (non certo la sola, ma sicuramente una delle più influenti). E sceglierò di misurare le parole, in quanto se mi lasciassi prendere la mano su un tema simile mi perderei in centomile sbrodolature e mi parlerei addosso. E soprattutto perchè è impossibile resocontare di un film che non ha trama nè attori ma solo una VALANGA di emozioni che ti scarica addosso e tu sei lì, nella tua poltroncina, che guardi, ascolti e un po' godi e un po' soffri. E rivedi (specie se sei vecchierello come me) il film della tua adolescenza (diciamo anche infanzia). E io voglio evitare di emozionarmi fino alle lacrime (come si è verificato ieri dalle18,20 alle 20,20 al cinema Victoria di Modenna). Sì, è stata dura affrontare questo film, quasi uno psicodramma con catarsi finale. E' stato un viaggio impietosamente a cuore aperto nel me stesso bambino che si affacciava al mondo adulto. Dio. Dio mio quanti ricordi. Si va indietro di oltre quarant'anni. Ero un bambino forse un po' speciale. Diciamo che, dversamente dai miei coetanei che vedevano nello sport e in particolare nel calcio il primario elemento di aggregazione, io ero attirato da due mondi "altri": quello dei giornalini a fumetti (che collezionavo avidamente), e poi quello della musica. Già, la musica. Ero un pò precoce perchè quella teoricamente era appannaggio dei piu' grandicelli, diciamo dai 16 anni in su, ma io ne ero attratto da morire. Passione che si traduceva nell'avere come fedeli compagni due mangiadischi (un Lesa e un Irradiette!) e una pila di 45 giri, e poi nella amatissima radiolina a transistor da cui ogni sabato pomeriggio -cascasse il mondo- ascoltavo "Bandiera Gialla". E infine ruolo fondamentale in quest'ambito lo rivestivano le riviste musicali specializzate, che erano tre: BIG (quella piu' intellettuale) a cui io preferivo però le altre due testate molto piu' "pop": GIOVANI e CAO AMICI (quest'ultima un cult, coi suoi poster). Eravamo in piena epopea BEAT. E naturalmente i Beatles nell'occhio del ciclone, i veri eroi popolari, credo di poter affermare molto piu' dei Rolling Stones (che amavo comunque altrettanto). E i loro 45 giri li consumavo a furia di ascolti. E ieri rivedendo le scene dei loro concerti e tutta la loro storia raccontata nei dettagli, come potevo trattenere qualche lacrima? Lo avevo ampiamente previsto accostandomi a questo film. Che avventura meravigliosa e irripetibile, la loro. Non è mia intenzione analizzare le varie fasi dall'ascesa al ritiro, così come vengono (splendidamente) descritte nella pellicola, perchè non finirei piu' di annotare e commentare. Dirò solo che ho riascoltato ieri alcune delle piu' belle canzoni del mondo e di tutta l'umanità, di sempre e per sempre. Qualcosa di immenso che è Fenomeno Culturale Pop ma è anche una medicina per il cuore, tra il Miracolo Culturale e un Messaggio d'Amore da qui all'eternità. E nel film c'è davvero tutto dei quattro uomini che hanno riscritto la Musica determinandone la trasfigurazione dal rock'n'roll al pop attraverso il beat. C'è Brian Epstein, c'è George Martin, poi tante testimonianze tra cui quella di Elvis Costello e perfino un'inattesa Sigourney Weaver. E ci sono tante loro esibizioni live tra cui ovviamente quella storica allo Shea Stadium...fino alla scontata conclusione del live sul tetto (e dico scontata solo perchè è cosa risaputa, ma ben consapevole della genialità anche di quell'ultima mossa). Ron Howard ha lavorato davvero in modo certosino, riordinando un repertorio infinito che gli ha permesso una ricostruzione filologica eccellente e corretta. Unica nota che potrei muovere al film: la narrazione avrebbe potuto continuare ancora un po' e raccontare meglio la "crisi" mentre invece tutto sembra interrompersi all'improvviso con un'accelerazione finale. Ho finito le parole. Ho detto tutto quello che avevo dentro al cuore. E' stato bellissimo. Grazie alla Lucky Red, nella persona di Andrea Occhipinti, il quale ha dimostrato con questa scelta di essere un sensibile uomo di cinema e non solo un professionista.

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