Regia di Lucien Jean-Baptiste vedi scheda film
Paul e Salimata si vedono affidare un neonato che non avrebbero mai immaginato.... Intelligente commedia che descrive il 'razzismo al contrario', carina ma non del tutto riuscita.
Paul e Salimata, una coppia di colore entrambi nati in Francia ma originari lui della Martinica e lei del Senegal, hanno appena coronato il sogno di aprire un proprio negozio di fioraio. Li unisce il reciproco amore ed una vita movimentata soprattutto per la presenza di amici particolarmente 'esuberanti', se non addirittura 'naif', come il 'pazzerello' Manu interpretato dal bravissimo Vincent Elbaz.
Lui orfano, lei con una famiglia ingombrante (in tutti i sensi) ma soprattutto tradizionalista fino all'ottusità.
Purtroppo non possono avere figli ma stanno aspettando, con ansia, la 'chiamata' dai servizi sociali per l'assegnazione della sospirata adozione.
Un pò per metterli alla prova, un pò per essere al passo con i tempi, dal quartier generale dell'Ufficio addetto viene deciso che il bellissimo e 'paciocco' Benjamin di appena 4 mesi, un bambino biondo e con gli occhi azzurri, può essergli affidato.
La legge francese in merito alle adozioni prevede che i primi sei mesi siano ufficialmente considerati di affido, sotto il controllo attento delle autorità, finiti i quali, se non si manifestano problematiche e sempre avendo come obiettivo principale il bene del bambino, lo status genitoriale si evolve con l'adozione definitiva.
Paul e Salimata all'inizio rimarranno spiazzati ma saranno soprattutto i pregiudizi razziali palesati dai nonni materni, che non accettando l'ingresso in famiglia di un bambino bianco, a diventare il maggior ostacolo (quasi ostativo) che si trovano a dover affrontare i volenterosi neo-genitori.
Il regista Lucien Jean-Baptiste, anche protagonista principale di questa commedia francese, focalizza l'attenzione sui preconcetti razziali ancora esistenti in Francia dal punto di vista di, io mi auguro che siano una minoranza, alcuni francesi originari dell'Africa, evidenziando i limiti e le aberrazioni che questo comporta.
insomma un 'razzismo' al contrario spostando una prospettiva che solitamente, anch'essa secondo un'ottica ottusa, crediamo assodata ma che si dimostra del tutto stereotipata.
Formalmente 'nulla da dichiarare', il regista si limita al compitino con poche gags meritevoli di nota e soprattutto senza eccessiva enfasi nel delineare i caratteri etnici dei comprimari (la famiglia materna patriarcale) che avrebbero dovuto essere maggiormente sviluppati per 'spiegare', o almeno provare a spiegare, le ragioni ataviche della loro retrosia verso 'il diverso', nella fattispecie il piccolo neo-nipote, tali da dimostrare inoltre la non completa integrazione nella società francese.
Strappa la sufficienza al fotofinish riuscendo ad azzeccare una sequenza finale che, seppur scontata, riesce ad emozionare.
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