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In the Shadow of Iris

Regia di Jalil Lespert vedi scheda film

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La recensione su In the Shadow of Iris

di gerkota
5 stelle

MAI PROIETTATO NEI CINEMA ITALIANI

VISTO SU PRIME VIDEO NELL’APRILE 2022

 

Come recita un abusatissimo detto, “chi troppo vuole nulla stringe”. Un rischio che corrono per tutta la durata della vicenda in immagini i protagonisti di questo rivisitato remake francese dell’originale nipponico Chaos del 1990 (letteralmente caos e quindi confusione, in italiano). Non ci sono buoni nell’opera thriller-noir di Jalil Lespert (attore e regista transalpino autore di Yves Saint Laurent del 2014 ), neppure i poliziotti, i quali nel corso di un’indagine più intricata del previsto mettono a nudo le proprie scorie e debolezze.

 

Jalil Lespert

In the Shadow of Iris (2016): Jalil Lespert

 

Il rapimento della moglie (nella parte troviamo una smagliante Charlotte Le Bon, attrice canadese vista di recente in The Promise del 2016) del ricchissimo proprietario di una banca parigina (interpretato dallo stesso Lespert) accende la miccia che farà esplodere con effetto domino conseguenze imprevedibili. Coinvolto e determinante, in apparenza suo malgrado, un modesto meccanico in via di fallimento lavorativo e familiare, personificato dal parigino Roman Duris (Mood Indigo - La schiuma dei giorni nel 2013). Ad arricchire l’intreccio è la coppia di investigatori composta da un’incisiva Camille Cottin (nel 2021 nel cast di House of Gucci) e Adel Bencherif (fra i protagonisti di Close Enemies - Fratelli nemici del 2018).

 

Charlotte Le Bon, Romain Duris

In the Shadow of Iris (2016): Charlotte Le Bon, Romain Duris

 

I soldi, l’avidità e il sotterfugio sono i temi conduttori di questa vicenda a scatole cinesi: quando pensi di essere arrivato all’ultima, dentro c’è n’è un’altra che ti aspetta. Ma se la sorpresa è di quelle insipide il gioco risulta più contorto che sagace. Belle immagini e ambientazioni ben costruite non bastano a compensare l’eccessiva cupezza di una storia che si prende terribilmente sul serio pur non promettendo un messaggio elevato e in cui un ritmo accettabile non è in grado di trasmettere a chi guarda un adeguato grado di trepidazione. Guardabile ma niente di più. Insomma, anche in questo caso “chi troppo vuole… ”. Voto 5,7.

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