Regia di Carles Torrens vedi scheda film
Contenere i propri sentimenti e, soprattutto, imprigionare quelli di un amore non/mal corrisposto. Il protagonista di Pet, confinato in un universo animalesco (un canile) ha una concezione distorta degli affetti. Ma non meno della ragazza/oggetto, destinata a sovvertire posizioni -e regole- di un gioco decisamente al massacro.
Impiegato in un canile, Seth (Dominic Monaghan) ha un'unica ossessione: la bella Holly (Ksenia Solo), ragazza spregiudicata che lavora come commessa in un fast food e non trascura di mettersi in evidenza nei social online. Dopo alcuni tentativi di approccio malfiniti, Seth viene pubblicamente respinto da Holly, con il supporto del suo ex che non evita di malmenarlo. Seth elabora allora un piano allucinante. Costruisce una solida gabbia metallica e, una volta anestetizzata, rinchiude Holly nei sotterranei del canile. Ma la ragazza nasconde una doppia identità. In passato ha brutalmente ucciso la sua migliore amica Claire (Jennette McCurdy), colpevole di essersi concessa al suo fidanzato. Quell'esperienza le ha fatto scoprire di provare un enorme piacere nel compiere insensati delitti.
Solida coproduzione tra Spagna e USA con, in cabina di regia, lo spagnolo Carles Torrens, già firmatario di Apartment 143 (2011) e del corto M is for mom (2013), quest'ultimo finito poi nel collettivo ABCs of death 2.5. Pet, nonostante lo scabroso argomento, può contare su un'ottima sceneggiatura scritta dall'ispirato Jeremy Slater e su interpretazioni di alto profilo. Risalta, soprattutto, il personaggio allucinato di Dominic Monaghan, innamorato alla follia -e con sguardi persi in un mondo trascendentale- di una bellezza (l'altrettanto brava e convincente Ksenia Solo) che mai si potrebbe intuire essere talmente pericolosa. Questo attrito psicologico tra due persone evidentemente problematiche (per non dire psicologicamente perse) sta alla base di una storia d'amore (e orrore) girata con garbo e mai persa in inutili e fuorvianti scene violente (anche se l'auto-amputazione del dito di Seth impone la chiusura degli occhi).
Giocato sul piano allusivo, senza mai concedere tregua all'ottimismo, Pet si inoltra in un territorio pericolosamente scivoloso. L'odio e l'amore sono solo due facce di una stessa medaglia, sembra essere il messaggio in arrivo dalla nichilistica conclusione. Conclusione che, quasi sicuramente, è stata suggerita allo sceneggiatore dal reale fatto di cronaca italiana, che ha visto agire in maniera a dir poco spietata "il canaro" (ovviamente per tutt'altre motivazioni che sentimentali) e che sta alla fonte dell'acclamato Dogman di Matteo Garrone e del più viscerale -e sanguinario- Rabbia furiosa di Sergio Stivaletti.
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