Regia di Jordi Llompart vedi scheda film
'Barça Dreams' è di gran lunga il miglior documentario a sfondo calcistico che mi sia capitato di vedere di recente: diretto dall'ispano-americano Jordi Llompart e narrato (nell'edizione italiana) dal giornalista Pierluigi Pardo, nell'occasione molto bravo a seguire il fluire degli accadimenti, ha tra i suoi grossi meriti quello di evitare i toni trionfalistici che operazioni del genere possono recare, mostrando anche i tanti periodi oscuri del club catalano, che si sono alternati a quelli più floridi, seguito dalla sua fondazione fino alla conclusione della scorsa stagione calcistica, il 2014-15.
Altro fattore a favore del film sta nel non mostrare unicamente in maniera pedante l'elemento sportivo, come qualsiasi rotocalco sportivo fa, interessando così i semplici appassionati di calcio e nessun altro, ma arricchendolo ed integrandolo con fatti ed aneddoti che hanno una valenza storica, politica e culturale, dando un quadro a tutto tondo del 'barcelonismo', e quanto esso influisca e abbia influito all'interno della società iberica sotto molteplici punti di vista.
La struttura è composta da dichiarazioni rilasciate da calciatori, allenatori o dirigenti, attuali o del passato, inframmezzate da highlights di partite tra le più significative del club nel corso della sua storia, montate in maniera superba, in modo da ricreare in parte quella tensione che si vive guardando un match in diretta, per fortuna evitando ricostruzioni fittizie e romanzate con attori, che tanto avevano fatto scendere di livello altre opere simili di argomento, che però si diversificano da questa per essere o docufiction o finzione totale (vedere il film 'Messi' o, peggio ancora, il film su Maradona di Marco Risi): la narrazione filmica inizia, come detto poc'anzi, nel 1899, quando lo svizzero Joan (catalanizzazione di Hans) Gamper fondò il club e racconta i primi passi della società, i più salienti dei quali sono la nascita del nomignolo 'cules' con cui ancor oggi vengono chiamati i sostenitori della squadra, dovuto al fatto che dallo stadio Les Corts, sempre stipatissimo, da fuori i passanti scorgevano appunto i posteriori dei tifosi, le prime vittorie nella Copa del Rey e lo sbocciare dell'orgoglio catalano, contrapposto al governo centrale spagnolo, che culminò nel 1925, con la marcia reale fischiata dai tifosi, che costò la chiusura del campo e l'espulsione di Gamper dal paese e la sua caduta in disgrazia con la morte per suicidio, a seguito della crisi del '29, nel 1930.
Il film segue di pari passo anche gli eventi storici, che si riflettono su quelli sportivi, con la Guerra Civile dal 36 al 39 e la susseguente dittatura di Franco, che tentava in ogni maniera di ostacolare il club, cambiandogli la dicitura da Foot-Ball Club in Club de Futbol, opponendosi al tesseramento di Alfredo Di Stefano, che passò al Real Madrid nel 1953, facendone le fortune in Spagna ed in Europa e decretando la crisi di risultati del Barça, aggravata dai debiti contratti per la costruzione dell'immenso Camp Nou e conclusasi nel '73 con il tesseramento del fuoriclasse Cruijff, che contribuì a riportare il titolo in Catalogna dopo 14 anni, nel 1974. Ma devono passare altri 11 anni per tornare campioni di Spagna e ben 18 - nel '92 a Wembley contro la Sampdoria - per laurearsi finalmente campioni d'Europa con il Dream Team di Koeman, Guardiola, Laudrup e Stoichkov, con una rivalità sempre più accesa con il Real Madrid, purtroppo segnata non solo da plateali fischi durante i match da una tifoseria alla squadra avversa ma da molteplici atti di violenza da parte delle frange più estremiste delle due tifoserie, sedate a fatica dalle forze dell'ordine.
Si arriva finalmente al periodo più florido, sia nell'aspetto economico, con denaro a fiumi che approda nelle casse societarie grazie a contratti di sponsorizzazione e diritti televisivi miliardari, sia in termini di vittorie sportive, nelle ultime dieci stagioni, con una miriade di successi in patria ma soprattutto in Champions League con quattro trionfi, segnati dai nomi-chiave prima del funambolo brasiliano Ronaldinho e poi del fuoriclasse argentino (ma prodotto dalla cantera, ossia il vivaio, della società) Leo Messi, coadiuvato da Xavi, Iniesta e Piqué, dei quali vediamo, senza soluzione di continuità, le loro prodezze in campo e sentiamo le loro testimonianze sull'essere parte della squadra e sull'ebbrezza provocata dalle tante vittorie, nonché da Guardiola, allenatore che, con Cruijff, ha segnato di più il (bel) gioco espresso, caratterizzato da possesso palla se possibile infinito e predominio pressoché totale sull'avversario, chiamato Tiqui-taca.
Si conclude qui l'entusiasmante viaggio nel pianeta Barça, in un caleidoscopio di gol, giocate, esultanze, coppe sollevate al cielo dai campioni da un lato e volti festanti e urla del pubblico dall'altro, con l'orgoglio di appartenere tutti a quello che è 'Mes que un club'.
Voto: 8.
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