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The Genital Warriors

Regia di Matthew Way vedi scheda film

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La recensione su The Genital Warriors

di OGM
8 stelle

La vendetta è un piatto da servire freddo. Purché sia condito di magia ed immaginazione. E sia, magari, accompagnato dall'amore che - si sa - ne combina di tutti i colori.

La guerra dei genitali: così recita il titolo della versione italiana. Ma è veramente così? I protagonisti di questa storia sono davvero gli organi riproduttivi? Ci si potrebbe chiedere se questi possiedano tanta fantasia ed aggressività da potersi inventare strategie belliche, disseminare il terreno di trappole, essere acuti e coraggiosi cacciatori. Ma questo lavoro di testa non è roba per loro. Per progettarlo ci vuole ben altro: un cervello il cui pensiero rimbombi dentro la scatola cranica, convertendo l’odio in astuzia, la sete di vendetta in raffinatezza, la lotta per la sopravvivenza in un gioco senza regole e con molti surreali imprevisti. L’ideale sarebbe proprio la mente di un pazzo, come il vecchio Frank. Di un soldato che non pone limiti alla propria temerarietà, perché al posto del pericolo vede tante divertenti sfide di seduzione. La distruzione non si realizza in un percorso lineare, perché deve seguire il tortuoso ondeggiare dei sensi, che trovano gratificazione soprattutto nei preliminari, nelle allusioni, nei vedo non vedo, nell’inganno che è una sofisticata forma di ebbrezza. È la psiche malata, e quindi sfrenata e disgregata, il motore perfetto di un mondo che riesce a scindersi e moltiplicarsi, capovolgersi ed imbrogliarsi con la disinvoltura di una mania adolescenziale, scherzando con il tempo e i principi di identità. Tutto parte dal ricordo doloroso, da quel malessere che, covando in segreto nel corso degli anni, può improvvisamente svegliarsi dal letargo e scoprirsi magia: un’energia che trae dall’incompiutezza una illimitata forza creatrice, un’eterna insoddisfazione e sconclusionatezza che impediscono al discorso di chiudersi, rinviando sine die il tragico momento della fine. Il film di Matthew O. L. Way è una psichedelica giostra delle emozioni più laceranti, quelle che, ruotando intorno alle pene d’amore, ai tradimenti, agli abbandoni, proiettano intorno a sé una vertiginosa pirotecnia di colpi di scena, di cambi di direzione, di incongruenze che esorcizzano il dramma tramutandolo in un variopinto thriller senza trama, un giallo claunesco che fa dell’ambiguità e del divenire l’essenza di una frenetica parata carnevalesca. Basta che due signore tedesche di mezz’età,  sedute sulla panchina di un parco di Amburgo, si mettano a chiacchierare della loro gioventù, perché la storia vissuta e raccontata si intrecci con quella immaginata,  imboccando la strada del sogno, in cui i personaggi non sono più gli stessi, si sdoppiano e si contraddicono, si incontrano, si inseguono e poi si perdono, e non sono mai contenti di ciò che combinano. In questo film gli eventi corrono a rotta di collo, descrivendo un fluido e complesso arabesco di  situazioni assurde – ma mai demenziali - nelle quali a vincere è sempre l’ironia della sorte, il paradosso che conforta i cuori spezzati, dimostrando che tutto è possibile. Il nonsense è qui un mirabolante toccasana, un fantasmagorico antidoto contro la triste ineluttabilità  della disillusione, perché rifiuta, a priori, l’eventualità che qualcuno possa dire l’ultima parola. La certezza non fa che fuggire, braccata da un’invadente apparenza che non perde occasione di mostrare la propria acrobatica mutevolezza. La stessa morte deve cederle il passo, per riconvertirsi in rinascita, nella sospensione del prima  e del dopo, nel nuovo inizio che è una estrosa rivisitazione del passato. L’istinto, è proprio il caso di dirlo, non conosce ragione, non si piega alla necessità: è selvaggio e dunque indomito e disinibito, anche quando è costretto a fare i conti con la rigidità della concretezza. La materia non costituisce un ostacolo alla sua voglia di cogliere l’attimo,  di snidarlo e farlo suo, anche quando questo vorrebbe rifugiarsi nell’archivio del già accaduto. La rivolta spezza i sigilli, e rimette tutto in discussione. L’anima ribolle, soprattutto se è gonfia di fermenti sessuali, ed affranca l’epos dalla logica, dalla morale, dalla consequenzialità che ne appiattiscono il ritmo  consegnandolo alla noia. Chi desidera si lascia indecorosamente scomporre dalla voluttà. Succede anche qui, con colorata allegria, in un racconto il cui spirito dada è un po’ hippy, un po’ clochard, indifferente alle buone maniere, ed appassionato di arzigogoli politicamente scorretti. 

 

scena

The Genital Warriors (2014): scena

 

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The Genital Warriors (2014): scena

 

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The Genital Warriors (2014): scena

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