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Le amiche del cuore

Regia di Michele Placido vedi scheda film

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La recensione su Le amiche del cuore

di valerioexist
4 stelle

Vi ricordate Bernardino Scafa? Probabilmente no. M’accingo a rinfrescarvelo; in “Romanzo Criminale” di Michele Placido c’era un personaggio di superflua importanza, era uno dei vecchi sgherri della mala romana prima dell’avvento della banda della Magliana; il suo nome era Bernardino Scafa, faceva una breve comparsa nella quale aveva una sola battuta, essa era qualcosa come “haeccàzzessavvettàh? Discce do’ pohemotrohà ssiwattro hidenamignòtta!!”, una frase assurda che solo dopo svariati rewind siamo riusciti a tradurre come “ma che cazzo te stai a inventà? Dicce do’ li potemo trovà sti quattro fiji de ‘na mignotta!”. Bernardino (il cui interprete probabilmente è stato mutuato da qualche carcere) è rimasto nel mio immaginario come “quello che a Romanzo Criminale non si capisce un cazzo quando parla”. Ma cosa hanno a che fare B. Scafa con quest’altro film di cui sto fando la recensione, se non il solo fatto d’essere stati entrambi diretti da Placido? Ora ci arrivo: “Le Amiche Del Cuore” è un film del 1992, parla, appunto di alcune amiche romane sedicenni con i loro problemi un po’ gravi e che chiacchierano tra di loro e che scopano perché so’ sedicenni e stanno in un film. Ma che dicono queste ragazze? Sentendo i dialoghi di queste “piccole donne” dell’hinterland capitolino mi è venuto in mente che Placido ha creato per esse un linguaggio il cui massimo esponente storico e letterario non è Dante, ma proprio lui: Bernardino Scafa! Ebbene si! Perché se è risultato arduo capire cosa dicesse il malavitoso in quei cinque secondi di Romanzo Criminale, non immaginate quanto sia estremamente complesso capire una sola parola e cosa cazzo di accidenti dicano le dislessiche amiche del cuore del vecchio film di Michele Placido! Esse parlano male, storpiano e si mangiano le parole, sussurrano o strillano, si accavallano verbi e congiunzioni; al loro confronto Bernardino Scafa è Luca Ward, in più il tutto non è certo aiutato dalla pessima qualità, oltre che del film, dell’audio del 1992… e pensate che è pure RIDOPPIATO! Ma parilamo del film.
Tutto ruota attorno a 3 giovanissime ragazzette di Roma. Una di queste è Asia Argento, che all’epoca del film era una ragazzina davvero ed era tale e quale al padre ma con i capelli lunghi; Asia, col suo modo di parlare fatto di sole vocali “A”, è in questo film la silenziosa figlia di un padre particolare interpretato da Michele Placido (povera Asia, sia nella realtà che nella finzione le spetta sempre un regista cane come figura paterna). All’inizio la vediamo litigare col genitore, lei piange e urla ma ovviamente non si capisce un cazzo di quello che dice, se la prende con Placido, lui si scoccia e dice “e che so’ tutte ste confidenze?” e le fa sparecchiare la tavola. Questo è niente, perché dopo poco scopriamo che i due hanno una relazione incestuosa; lui le posa la capoccia sulle ginocchia, le comincia a carezzare viscidamente la faccia con la mano ovviamente tremante (senno’ che pedofilo sei?) e la bacia (in barba a chi credeva che Asia Argento avesse iniziato solo ora a pomiciare coi cani)… ah! Il padre per lavoro fa i massaggi ai piedi (una cosa che a me onestamente ha fatto quasi più schifo dell’incesto). La seconda amica del cuore è una tale Morena, più bruttina (secondo me) rispetto alle altre, con la bocca gigantesca che ci offre tetri spettacoli durante le sue sguaiate risate e con la sua omonima con la zona periferica, Morena è un’altra che quando parla non si capisce veramente niente (forse la peggiore), studia come infermiera e davanti ad un corpo quasi esanime in ospedale dice ad una sua amica: “…’nziàh?” (traduci “Come si chiama?”). il tirocinio come infermiera la aiuta soprattutto a procurare il roypnol alla madre tossica; non le va meglio con le relazioni amorose, è infatti fidanzata con un boro che c’ha il gruppetto musicale che suona alle feste di quartiere e che quindi pomicia con altre donne giustificandosi candidamente dicendo “amò, tu sei n’infermiera, io so n’artissa! Ce devi sta”. C’è poi la terza amica, la mignotta del trio, Claudia Pandolfi, una che nelle cliniche d’aborti è di casa. Claudia Pandolfi è quella che vuole lavorare in tv e, stufa di mostrare le chiappe con Roberto “Baffo” Da Crema durante le pubblicità degli elettrostimolatori, decide si scoparsi tutti quanti quelli che la possono introdurre nel mondo dello spettacolo, persino la sua agente (lesbiche, incesti, c’è davvero tutto): ed ecco un siparietto di personaggi macchiettisti come i vecchi viscidoni produttori che fanno i festini con le aspiranti vallette/attrici, che però non gliela danno e loro ci rimangono un po’ così goffi goffi… roba da matti. Da antologia la scena in cui le tre amiche stanno sull’autobus e ci sta un vecchio zotico romano silenzioso che mette la mano sulle gambe della Pandolfi, loro se ne accorgono, Morena glielo fa notare, lo sfotte, tutte ridono… e quello rimane la fermo senza dire niente, manco lo inquadrano più in faccia, chissà che faceva? (forse era morto)… E come finisce questa versione romano-femminile di “Ragazzi Fuori” di Marco Risi? Michele Placido conosce il pischello di Asia Argento (non Morgan dei BluVertigo, nemmeno il cane), gli dice “guarda, io e mia figlia ogni tanto scopiamo…te devo dì la verità”, lui la lascia, lei a capodanno invece di andare all’Alpheus con le amiche, da una coltellata al padre. Tutto finisce in tragedia, belli i personaggi inutili come quello di Enrico Silvestrin che ci prova con una delle tre (non mi ricordo, mi pare fosse la Pandolfi)… ma soprattutto belli i vestiti che si mettevano a quell’epoca! Ma come cazzo gli viene in mente alla gente come Placido di mettersi un giorno a scrivere ‘ste sceneggiature e poi di fare questi film? bah! Una moda che dovremmo tutti seguire? Le magliette e i giubbotti del 1992!
Voto: 2

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