Regia di Martin Provost vedi scheda film
Un’ostetrica di mezza età viene contattata dalla donna che trent’anni prima aveva abbandonato suo padre, un campione di nuoto poi suicidatosi, ed era sparita nel nulla: ha un tumore al cervello e, anche se non vuole ammetterlo apertamente, sente la mancanza degli affetti familiari. Catherine Frot è seria, scrupolosa, solitaria, fredda, impettita, vive in periferia e coltiva un orticello (l’espressione idiomatica del titolo originale, Sage femme, indica il suo mestiere ma allude anche al suo carattere giudizioso); Catherine Deneuve è casinista, inaffidabile, debordante, beve, fuma, mangia, gioca d’azzardo e racconta balle. È soprattutto una storia di donne, e quindi un film di attrici, ma non si esaurisce nell’istrionismo delle due interpreti: una parte considerevole del merito va alla sceneggiatura, fatta di scontri verbali che via via si addolciscono. Notevole anche l’uso dei corpi, che fanno intravedere l’imminente sfacelo fisico: a rincarare la dose ci sono le scene di sesso con Olivier Gourmet (ossia la negazione del concetto di glamour), dove sembra di percepire afrore di selvatico. Sullo sfondo c’è la sanità pubblica, sempre più spersonalizzata e improntata all’efficientismo, ma è la parte meno interessante. Non è un capolavoro: è uno di quei film che ai francesi riescono benissimo, e ci si chiede perché sia tanto difficile vederli anche da noi.
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