Sequenze prolungate in cui il tempo si dilata, riuscendo a trasmettere l’ansia e il tormento allo spettatore
Probabilmente in pochi avrebbero fatto caso a “Il cliente” se non si fosse aggiudicato la tanto ambita statuetta dorata, lo scorso 26 Febbraio. Vincitore quindi dell’Oscar per il miglior film straniero, questo film targato Iran lo ritroviamo proiettato in molte delle nostre sale cinematografiche, a sorprendere e a far riflettere. Un cinema geograficamente lontano dalla nostra Europa o dai giganti americani, ma che risulta avere molto del cinema occidentale. Il punto di congiunzione è sicuramente il parallelismo tra la vita reale dei protagonisti e la pièce teatrale “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller, che crea un binario di collegamento fra la Teheran del film e la New York dell’opera di Miller. Il film analizza il dramma di una famiglia iraniana di classe media. Viene mostrato come un singolo evento sconvolga gli equilibri e gli animi dei protagonisti, facendo emergere parti nascoste del loro carattere, che neanche loro conoscevano. Il ritmo è ciò che lo impreziosisce maggiormente. Con le dovute proporzioni, l’andatura del film a tratti mi ha ricordato lo stile di Roman Polanski, soprattutto opere come L’inquilino del terzo piano o Rosemary’s baby. Tornando al nostro Cliente, diverse parti del film sono gestite in maniera molto lenta: sequenze prolungate in cui il tempo si dilata, riuscendo a trasmettere l’ansia e il tormento allo spettatore. Soprattutto nell’epilogo ci ritroviamo risucchiati nella vicenda e ciò che colpisce sono proprio i movimenti lenti, che rendono l’attesa della conclusione quasi infinita. Il tutto ovviamente alternato a sequenze con maggior tensione, gestite da una regia a tratti nervosa con macchina a spalla, le quali impreziosiscono la carica emotiva del film. I vicini di casa dei protagonisti, nonostante la loro disponibilità e buonafede, risultano a volte inquietanti, proprio come nei film di Polanski sopracitati. Uscendo dalla sala, il film vi avrà lasciato in bocca un retrogusto amaro, un vuoto, un senso di non completezza con voi stessi. Poche le note dolenti, una fra tutte il doppiaggio di alcuni personaggi a dir poco fastidioso. Fortunatamente, il doppiaggio mediocre non tocca i protagonisti, che risultano validi anche dal punto di vista attoriale. Nel complesso, ampiamente sopra la sufficienza.
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