Regia di Asghar Farhadi vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 2016 – PREMIO DELLA MIGLIORE SCENEGGIATURA – PREMIO PER LA MIGLIORE INTERPRETAZIONE MASCHILE - CANDIDATO AL PREMIO OSCAR 2017 COME MIGLIOR FILM STRANIERO
Teheran oggi: una coppia di attori teatrali deve lasciare il proprio appartamento, assieme a tutti gli altri condomini, quando una ruspa, scavando attorno ai basamenti del palazzo, ne mina le colonne portanti.
I due trovano alloggio presso un appartamento segnalato loro da un amico della medesima compagnia teatrale.
Ignara di chi alloggiasse in quel posto prima di loro, la coppia si trova a vivere un momento di spavento e tensione, quando la donna viene improvvisamente aggredita da uno sconosciuto entrato furtivamente nell’alloggio mentre la donna stava facendosi la doccia.
Il colpevole tra l’altro abbandona importanti indizi sul luogo del reato, che metterebbero in condizione qualsiasi autorità investigativa di risalire al colpevole.
Ma il marito dell’aggredita decide di non sporgere denuncia, per non esporre se stesso e sua moglie alla vergogna di dover giustificare perché la donna ha accolto un estraneo in casa in situazioni intimamente scabrose o poco opportune, esponendo la coppia a giudizi e considerazioni giudicate poco opportune.
Per questo l’uomo decide di trasformarsi in un detective e di indagare personalmente, fino a rintracciare il colpevole, comprenderne le intenzioni, ed intraprendere un percorso di giustizia personale che innesca molte altre drammatiche complicazioni, minando il suo stesso rapporto di coppia, fino a quel momento quasi idilliaco, con una moglie devota e intelligente.
Un altro passo importante nella cinematografia senza macchia di Farhadi, che qui ci riporta nella sua patria, nel pieno epicentro di un mondo di artisti, e come tali tendenzialmente più aperti alla mentalità “occidentale”, ma ciò nonostante chiusi dinanzi a comportamenti che potrebbero esporli a giudizi o considerazioni in grado di gettar infamia all’interno del loro nucleo familiare.
In un percorso incalzante e quasi soffocante, in cui l’indagine procede sino ad accerchiare il colpevole, che per l’occasione si trasforma da persecutore a vittima, Il cliente diviene un potente “giallo da camera”, accerchiato dalle mura del luogo del delitto, e tutto imperniato sulla impossibilità umana (la non volontà) di concedere il perdono, e sulla vendetta come soluzione epidermicamente più congeniale (e facile, nel senso di liberatoria) per la soluzione di un dilemma che non lascia altra via se non la soluzione forte, prevaricatrice, incurante dello stato di necessità in cui versa colui che in realtà è pure lui vittima di un crudele scherzo del destino.
La sceneggiatura si divide abilmente tra i palcoscenici posticci della rappresentazione teatrale in corso che impegna la coppia dei due attori, e quello reale, rappresentato dalle mura di casa del nuovo appartamento ove si è consumata la violenza maldestra e improvvisata.
Due ambientazioni che sono due tra i momenti di vita che occupano maggiormente la vita di entrambi i protagonisti, e li vedono in entrambi i casi protagonisti di una vicenda imperniata sul tormento dell’individuo incapace di soprassedere al proprio orgoglio e alle proprie rovinose pulsioni ferine.
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