Regia di Milos Forman vedi scheda film
Il film di Forman è invecchiato molto bene, è indubbiamente coinvolgente e ben realizzato su un soggetto difficile come quello della malattia mentale, e soprattutto permette a Jack Nicholson di comporre un personaggio memorabile e di regalarci un'interpretazione assolutamente magistrale, forse la migliore di tutta la sua carriera. E' una storia (tratta abbastanza fedelmente dal bellissimo romanzo di Ken Kesey) che può essere letta sia realisticamente che a un livello metaforico, che probabilmente è quello che più interessa al regista (l'ospedale psichiatrico come metafora di un regime totalitario di stampo stalinista dove l'uomo viene privato della sua libertà e ridotto ad un automa in balia del tiranno di turno). A mio modesto parere, questo livello metaforico è forse un pò troppo sottolineato dalla regia in certi momenti del film, correndo il rischio di qualche schematismo; tuttavia, i meriti restano senz'altro notevoli, dall'intelligente adattamento del romanzo ad opera di Bo Goldman che riesce a miscelare con grande abilità il prevalente registro drammatico con sequenze più leggere (come quella, godibilissima, della evasione dall'ospedale del gruppo di "matti" per una gita in barca per la pesca), alla prova maiuscola dell'intero cast in cui, oltre a Nicholson, risultano eccellenti almeno Louise Fletcher come miss Ratched, Will Sampson come Bromden e William Redfield come Harding. Grande successo e 5 Oscar che appaiono meritati, anche se quell'anno in concorso c'erano capolavori del calibro di Nashville di Altman e Barry Lyndon di Kubrick, probabilmente anche superiori rispetto all'ottimo film di Milos Forman. Il titolo riprende un proverbio della lingua inglese e vuol dire più o meno "qualcuno (cioè il personaggio di Nicholson) è finito in mezzo ai matti", anche qui con forte valenza metaforica (chi sono veramente i matti, e chi i normali?)
voto 9/10
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