Regia di Sergio Corbucci, Steno vedi scheda film
Tre tigri fanno per ruggire, ma emettono solo uno stentato miagolio.
L’avevo scartato tutti questi anni, perché qualcosa mi ci teneva lontano. Il presentimento non era sbagliato. Mi sono trovato davanti ad un film al contempo ambizioso (per la cornice dell’orchestra e le dimensioni produttive in generale) e scadente.
Ho ravvisato due grossi problemi. Uno è la sceneggiatura, che si vorrebbe arguta e frizzante, ma che è solo banale e volgare. Quasi tutte le battute non fanno ridere, e i colpi di scena – come quelli dell’episodio di Montesano – sono del tutto gratuiti e fuori contesto. L’altro problema è una regia scolastica, anche di uno Steno che ha dato ben altre prove nei tempi che furono; qui fa solo un po’ di esercizio con la rotella dello zoom (o questo era Corbucci?). Ma qui mi inserisco a quello che è forse l’unico merito del film, cioè la presenza di molti bravi attori, che si impegnano e tentano l’impossibile per dare consistenza alle vicenduole. Però si vede come siano dai registi lasciati a se stessi; questi, che forse non credevano nel progetto, devono aver detto loro “fate un po’ voi”; forse furono gli stessi Cochi e Renato a spingersi sopra le righe nella sequenza della lite, che rovina un episodio che aveva un qualcosina di buono qua e là. Nanni Loy forse si chiede “Ma che ci faccio io qui?” e Montesano è un cavallo salpitante, ma si arrangia come può; Villaggio rifà i suoi clichè, ma fa fatica a riempire il vuoto. Peccato, perché oltre che ai protagonisti, meritano una menzione anche Anna Mazzamauro, un giovane Massimo Boldi e il caratterista che fa l’avvocato capo (come si chiama?).
Cosce e tette spuntano di continuo, come si usava in quegli anni.
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