Regia di Sergio Corbucci, Steno vedi scheda film
Diretto a quattro mani da Sergio Corbucci e Steno (Stefano Vanzina), scritto e sceneggiato da un esercito di persone [Mario Amendola, Castellano (Franco Castellano), Pipolo (Giuseppe Moccia), Sergio Corbucci, Giacomo Guerrini, Cochi Ponzoni (Aurelio Ponzoni), Renato Pozzetto ed Enrico Vanzina], un film formato da tre episodi a sé stanti, del tutto scollegati tra loro, presentati, negli intermezzi, da un Paolo Villaggio improbabile direttore di orchestra.
Primo episodio. Con Renato Pozzetto, Cochi Ponzoni, Kristen Gille.
Un sacerdote di un piccolo paese di montagna ospita, suo malgrado, un reverendo protestante e consorte in visita pastorale in Italia. In poco tempo, il religioso italo-americano, grazie alla sua dialettica ed alle sue idee progressiste, riesce a conquistare la fiducia degli abitanti del piccolo borgo, fortemente anticlericali, ciò che non è mai lontanamente capitato in anni al povero parroco cattolico. Ma quest'ultimo avrà involontariamente modo di rifarsi.
Secondo episodio. Con Enrico Montesano, Dalila Di Lazzaro, Nanni Loy (Giovanni Loy).
Un rappresentante presta soccorso ad un'avvenente contessa rimasta in panne con l'automobile la quale, senza tanti preamboli, lo invita nella sua tenuta per passare una piacevole giornata a base di sesso. Ambedue, però, hanno qualcosa da nascondere.
Terzo episodio. Con Paolo Villaggio, Anna Mazzamauro, Daniele Vargas (Daniele Pitani).
Un avvocato è costretto dal suo principale ad esaudire le richieste di una facoltosa cliente dello studio legale per cui lavora. La donna si dimostrerà una pazza disposta a rischiare la vita (e quella del suo accompagnatore) solo per sorprendere, in flagrante adulterio, il marito.
Il primo episodio, il migliore, è estremamente godibile. Cochi e Renato sfruttano appieno la loro comicità surreale, rodata in anni di cabaret e divertono, aiutati anche dal basso minutaggio dell'episodio, più consono a questo tipo di sketch. Buone idee e buon ritmo che portano direttamente al finale; una piccola chicca.
Girato a Gemonio (VA) ed a Cittiglio (VA), nella cui frazione di Vararo si trova la chiesa di San Bernardo.
Alle buone intuizioni del soggetto non corrisponde una sceneggiatura lineare per l'episodio centrale; azzeccata la prima parte, un po' debole il segmento finale proprio quando entra in scena Loy ed il suo "Specchio segreto", nonostante una buona prova di Montesano e della Di Lazzaro, quest'ultima parecchio conturbante.
La tenuta della "contessa" è il Castello della Castelluccia a Roma.
L'ultimo episodio è pessimo. Che sia un un avvocato o qualsiasi altra cosa, dal 1975 in poi Villaggio interpreterà tutti i suoi personaggi come se si trattasse sempre di Fantozzi anche al di fuori della prolifica saga cinematografica. Inutile dire che poche volte centrerà l'obiettivo. D'altronde i primi due capitoli del famoso ragioniere diretti da Luciano Salce non sono solo un insieme di scene comiche tra il grottesco ed il demenziale, ma una critica sferzante, ben riuscita, sulla società, il ceto medio e la classe dirigente, cosa che in questo frangente non è assolutamente presente. E se non le ha capite l'attore genovese, che il personaggio l'ha creato e ne ha scritto dei libri, siamo a posto.
Girato nella Capitale, così come l'aeroporto, che è quello di Roma Urbe.
Un film da vedere per le prime due vicende.
Grazie al buon successo di pubblico, si replicò con gli stessi interpreti e la stessa formula ad episodi in “Io tigro, tu tigri, egli tigra” (1978) di Renato Pozzetto e Giorgio Capitani.
Musiche gradevoli di Guido e Maurizio De Angelis.
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