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Star Wars: Gli ultimi Jedi

Regia di Rian Johnson vedi scheda film

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La recensione su Star Wars: Gli ultimi Jedi

di maso
6 stelle

 

 

 

 

Come un'obbligazione, come la bolletta della luce che riaccende la ribellione, come un carico pendente di una spada laser fendente, come la tradizione di mangiarsi un cinepanettone, come l'ultimo dei jedi mi sono pappato la visione.

Quaranta e passa anni di vita e otto Star Wars al cinema.......scusate nove, ma uno è un satellite della Morte Nera e devo dire che siamo lontani dagli standard entusiasmanti del primo ciclo ed equidistanti dal vomito galattico dei prequels, siamo esattamente nel mezzo del mezzo del mezzo del cammin di nostra vita.

L'ultimo Jedi.....o gli ultimi Jedi? No perchè la parola chiave non consente la pluralizzazione in inglese e allora di cosa parliamo dell'ultimo dei cavalieri intergalattici o degli ultimi?

La risposta è irrilevante, ormai Star Wars è puro commercio come certificato da Mark Hammill nelle sue recenti deposizioni in proposito, lo si va a vedere a prescindere ma almeno per me non c'è più la ricerca di una infanzia perduta come per molti ma solo la voglia di evadere dagli sbadigli per un paio d'ore, in questo caso con una mezz'oretta di bonus.

Il film parte da un proverbiale scrolling che ci indica come i ribelli siano braccati dall'impero implacabile più che mai e l'inizio è uno scontro notevole a livello spettacolare dove i ribelli vengono massacrati dagli Star Destroyer nemici che in proporzione ai loro bombardieri appaiono come un capodoglio contro una murena ed il solo che riesce a sgusciare via dal fuoco nemico è l'asso stellare Pau Damaron che Oscar Isaac cesella ottimamente mentre Kilo Rhen spettacolarizza la opening scene con il suo attacco frontale dall'abitacolo del suo caccia più nero che mai, per i ribelli c'è un solo colpo riuscito con l'ultimo bombardiere che semina caccole esplosive nel cuore di un mega incrociatore galattico.

La sequenza è parecchio drammatica e devo dire una delle migliori della saga nella lunga lista di scontri nello spazio aperto, ha qualcosa di nuovo che si avverte a sensazione e fissa un luogo d'azione dal quale si rimbalza alternativamente nel pianeta mare dove si è nascosto Luke Skywalker raggiunto da Ray che chiede a gran voce istruzione e riconciliazione con l'armata ribelle ridotta all'osso.

Mark Hammill è ora il maestro che fu Alec Guinness e il suo rifugio fra le onde che circondano una roccia gigantesca popolata da varie creature è una location molto Star Wars dove sviluppare il lungo triangolo fra lui, Rey e Rhen e il destino degli ultimi Jedi: a livello narrativo il film funziona molto bene in questo tratto della trama fra rivelazioni e dialoghi ben congeniati che i tre attori incaricati fanno girare senza che la regia debba costringerli a particolari forzature, anzi concede un po' di umorismo leggero con le creature fantastiche senza raggiungere mai la stupidità dei prequels.

La parte che scricchiola è quella nell'altro lato della galassia dove i ribelli sono tracciati nell'iperspazio e non possono sganciarsi dalla mega flotta imperiale che li insegue e dispone appunto di un tracciatore a radio faro con il quale calcolare l luogo di destinazione dopo il balzo: se è vero che fa tenerezza vedere Carrie Fisher caratterizzare Leila con più presenza e misticismo riapetto a Il risveglio della Forza è altrettanto vero che vederla lievitare come una divinità e tornare nel ponte di comando fa un pò ridere ma mai quanto la scusa per la quale l'impero non può disintegrare con un colpo preciso la nave ammiraglia dei ribelli......hmm...hmm: devono aspettare che finisca il carburante perchè siano a portata di tiro.

L'intarsio narrativo più stupido che abbia mai sentito: dopo stazioni spaziali che tranciano pianeti in un sol colpo non riescono a imbastire un cannone che uno che faccia fuori i ribelli a poche miglia di distanza?

Lo sceneggiatore doveva esere parecchio disperato a questo punto della stesura perchè per evitare il peggio sfodera un nuovo ammiraglio donna affidato ad una mostruosa Laura Dern con i capelli viola luccicante che sembra uscita dal privè del Cocoricò.

Il punto più basso della storia è però affidato a Finn e Rose, che devono andare e tornare in sei ore da un pianeta casinò dove dovranno prelevare un esperto scassinatore di tacciatori di iperguida, una mezz'ora di film ridondante dove tutto è eccessivo dagli snodi della trama alle crature che popolano questa specie di Montenegro in Star Wars dove vengono arrestati per divieto di sosta! What thaa fuck!

Qui siamo veramente in zona prequels e un balbettante Benicio del Toro infilzato fra Finn e Rose fa perdere una stella abbondante alla mia valutazione.

Il film ritorna in carreggiata con la convergenza finale dei personaggi e come già detto il meglio lo si trova nel rapporto conflittuale fra Ray e Rhen al cospetto di Snoke  concluso con un fulminante scontro al laser e un atto da kamikaze con relativa esplosione molto spettacolare che sottolinea ancora una volta che la parte migliore filmata da Johnson è quella con i modelli delle astronavi immortalati con adeguati movimenti di macchina e i giusti effetti speciali.

Un gradito ritorno illumina la strada al dubbioso Skywalker mentre il piano di Finn e Rose va a puttane e si torna alle origini in un pianeta Hoth non più cosparso di neve ma di un sale grosso che ricopre una superficie rossa.

La dottrina di Star Wars è rispettata in parte perchè il film vive e convive con momenti felici, pasticci da prequels, personaggi ingombranti e mal riusciti, operazioni nostalgia che vanno a segno e colpi di scena soffocati da buchi della trama e scelte narrative risibili che fanno dell'ottavo capitolo della saga un film che sta in meezzo a tutto: in mezzo agli altri, in mezzo all'ultima trilogia e in mezzo alla scala di valutazione.

 

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