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Un tirchio quasi perfetto

Regia di Fred Cavayé vedi scheda film

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La recensione su Un tirchio quasi perfetto

di Piace91
3 stelle

Dany Boon torna al nord, in Bretagna, dove ci sono locali tipici con debiti al seguito e gente con la maglia del Rennes, ma il risultato finale non è paragonabile all'ormai iconico Giù al nord. Per la verità, il filo rosso del film è lo stesso: partenza in quarta, sequela di efficaci gag, rallentamento, remi in barca e qualche punta di sdolcinato. Se però, nel film che ha lanciato Dany Boon nel mondo, tutto il baraccone si manteneva divertente e godibile, Un tirchio quasi perfetto col passare dei minuti perde qualsiasi punto guadagnato in precedenza.

 

François Gautier è il primo violino di una grande orchestra. Tirchio da far schifo, scopre di avere una figlia sulla ventina che gli si piazza in casa e gli sconquassa la routine, fatta di mille trucchetti da inguaribile taccagno. Laura è una ragazza apparentemente ingenua e crede che suo padre sia in realtà un grande filantropo, un uomo che si priva di tutto per far prosperare dei poveri orfanelli messicani. Questo equivoco darà vita a buoni siparietti, che, sommati alla valanga di gag che popola il primo quarto d'ora, non rende inutile la visione. Gli aspetti comici sono ben orchestrati e fanno spesso sorridere, nonostante il protagonista risulti alla lunga troppo iperbolico e irrealistico.

 

I problemi cominciano quando Fred Cavayé e gli altri minus habentes che hanno collaborato alla sceneggiatura cambiano registro e dirottano un onesta commediola sul patetico. A parte il repentino cambio di faccia (la gestione rivedibile dei tempi è un problema di tutto il film, a dire il vero), è l'entità del twist a lasciare sgomenti: si punta a evidenziare il dramma umano di un pover'uomo che vorrebbe aprirsi e donare al prossimo, ma non ci riesce, condannando se stesso a una vita di solitudine. No, non ci sta. Non in quel contesto, non in quel modo. Anche gli snodi di trama, prossimi al delirio, sono inopportuni e mal gestiti.

 

Dany Boon prova a tenere in piedi la baracca con maestria e sforna una buona interpretazione, come sempre, ma le fondamenta del film sono tremolanti. Il terrore che qualche produttore italiano acquisti i diritti e ce lo ripropini in salsa Belpaese mi assale. 

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