Regia di Michael Curtiz vedi scheda film
Originale commistione di noir e melodramma, entrambi d'autore, con un'atmosfera cupa, a tratti disperata, di solitudine e conclamata disillusione. La struttura, non lineare, ma dai flashback intrecciati, assume, talvolta, le connotazioni del vicolo cieco o, più propriamente, della scala a chiocciola, mostrata nella prima parte del film quasi come manifesto programmatico o come emblema, scala arrivati in cima alla quale i protagonisti paiono irrimediabilmente precipitare verso uno sconsolato baratro di depravazione e inganni. È lei, Mildred, il perno di questa storia, Pierce che fu o Beragon che è, donna forte e dalla ferrea volontà, in balia di congiunti balordi, mariti o figlia che siano, che trasmuta da casalinga a donna d'affari per non deludere una famiglia senza grazia e, più spesso, irriconoscente, sino al (tentato) sacrificio finale, fallito, che pare, in parte, riportare le sue sorti sul binario (morto) dell'equità, un'equità pagata a prezzo carissimo.
Forti sentimenti, invidie, amori evanescenti, una maternità difficile e ambivalente straziata da uomini di cartapesta insinceri e infedeli, per un quadro generale di encomiabile pessimismo che si apre e si chiude con i due volti della medesima sconfitta. Mai banale, nebbioso al punto giusto, dalla fotografia ammirevole, con una Joan Crawford eccellente (vinse un Oscar), Il romanzo di Mildred si pone ai vertici della filmografia americana degli anni Quaranta insieme al suo regista, Michael Curtiz.
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