Regia di Alex de la Iglesia vedi scheda film
La sceneggiatura è nuovamente scritta di pugno dal suo storico collaboratore Jorge Guerricaechevarria ed è quindi chiaro come al centro della storia ci sia come sempre una Comunidad (quella che dava il nome al loro lungometraggio del 2000) alle prese con qualche problema destinato a sovvertirne le dinamiche interne. De la Iglesia introduce i personaggi saltando con la macchina da presa da un volto ad un altro in una lunga carrellata che sembra un piano sequenza ma non è (come avveniva in maniera peggiore in Oxford Murders). I malcapitati rinchiusi in un bar subiranno il più classico dei trattamenti proposti dal cinema del regista spagnolo. Che essi siano grassi e poveri o bellissimi (la meravigliosa Blanca Suárez) e benestanti, i loro corpi saranno modellati ed esasperati in funzione della narrazione e del suo svolgimento: i “ciccioni” dovranno spingere il loro grasso giù per un buco strettissimo e le dive più sexy dovranno nuotare nel letame di una fogna per sopravvivere. È un “cinema epidermico” che usa la pelle dei propri attori per raccontare una storia.
Ciascun personaggio sarà presentato in un modo e ne uscirà come il suo esatto opposto. De la Iglesia è ancora il migliore ad usare ciò che ci sembra repellente per descrivere la nostra contemporaneità e la scelta di una protagonista così avvenente rende ancora più evidente il suo percorso di discesa nella melma. Non sarà certo il suo capolavoro ma cineasti in grado di spaziare tra registri così diversi in poco più di 1h 40 è arduo trovarli.
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