Regia di Hugo Vieira da Silva vedi scheda film
Un avamposto nella giungla, due mediocri funzionari scelti non a caso per presidiarlo. L'inettitudine e l'indolenza come migliori alleate della cattiveria umana, che molto bene si è espressa in passato tramite colonialismo e schiavitù. Stanlio e Ollio alla deriva, quando ormai non si può nemmeno più riderci sopra.
Il fiume placido tra una natura superba ed incontaminata accompagna due coloni - uno pingue e goffo, l'altro fisicamente nella norma, vestiti di un bianco immacolato e anacronistico e poco efficace per quel luogo selvaggio - lungo uno sperduto avamposto coloniale portoghese in Centro Africa: i due devono sostituire il loro predecessore morto in circostanze poco chiare.
Preso possesso della postazione, conosciuto il capo villaggio, un uomo muscoloso leggermente claudicante per una malformazione ad un arto, che dirige ed organizza i lavori in loco e sua moglie, addetta a preparare il mangiare per i lavoratori, ai due uomini non resta granché da fare se non perdersi tra la calura fastidiosa di nottate insonni, la consolazione ingannevole dell'alcol, e un goffo familiarizzare con gli indigeni, tra buffi tentativi di comprendersi per vincere un'inedia senza scampo.
Certo nel villaggio regna il disordine e il malgoverno dopo la scomparsa del direttore, e gli operai ed i lavoratori non sono granché disposti a tornare nei ranghi previsti dal loro status di popolo conquistato da un colonialismo sfruttatore e vampiro che riesce solo a sfruttare senza fornire un minimo ritorno economico, culturale o anche solo morale.
Quando poi uno dei due funzionari scopre che il capo villaggio baratta uomini della sua tribù, che vende agli schiavisti, con zanne d'avorio da ricettare, Dopo un atteggiamento iniziale di sconcerto, finirà pure lui, assecondato dal collega, per partecipare alla losca e disumana tratta.
Ma i sintomi della malaria, ed un cambio di funzionari che viene ripetutamente ritardato, illudensoli ogni volta di partire e tornare in patria, ma ogni volta invano, porta allo stress i due uomini che, per una banale discussione, ricorreranno ad un vero e proprio duello tra di loro,con esito fatale per uno dei due, ma poco più tardi pure per l'altro, rendendo nuovamente vacante quell'avamposto sperduto nel cuore profondo e sconosciuto del mondo.
Da un racconto scritto da Joseph Conrad nel 1897, il regista portoghese Hugo Vieira da Silva, al suo secondo lungometraggio, trae un vero e proprio ironico affondo contro il colonialismo e la barbarie che tale politica ha comportato nell'evoluzione (o involuzione) dei rapporti tra popoli conquistati e quelli conquistatori.
Un film che si lascia completamente soffocare dalla vegetazione magnifica ma anche opprimente di una natura rigogliosa ma impegnativa da tenere a bada. La giungla tanto cara a Conrad, presente in altre sue note opere, su tutte Cuore di Tenebra, che molto ha saputo dare al cinema.
Il regista adatta la conquista coloniale che fa da sfondo al romanzo, alle caratteristiche del suo paese, il Portogallo, padrone incontrastato di molti possedimenti oltremare, in un periodo in cui la schiavitù iniziava finalmente ad essere condannata nella sua bestiale disumanità riconosciuta ed ammessa con colpevole ed ingiustificato ritardo.
Nel film spiccano i due protagonisti che, fisicamente, è quasi impossibile non associarli a due alternativi (e tendenzialmente disperati) Stanlio e Ollio. Ma il regista evita più che può ogni concessione all'humor e all'ironia per concentrasi sulla descrizione di una deriva morale e caratteriale, ostinandosi di far vivere questa associazione di personaggi solo a livello esteriore.
E descrivendoci con interessante dettaglio introspettivo le fasi degenerative di una lunga agonia che si nutre di solitudine, incomprensione, inettitudine ed isolamento, spingendo i due già di per sé non particolarmente brillanti ed operosi individui, alla follia e all'isteria incontrollata.
Il film vive di momenti felici soprattutto dal punto di vista visivo, forte di inquadrature d'insieme magnifiche, costruite con grande efficacia e cura a beneficio di una visione d'insieme che non si dimentica, in cui spiccano, come due mosche bianche - e dunque completamente fuoriluogo - i due inetti funzionari (vestiti come due "Fitzcarraldo" indolenti, mediocri e scialbi, quindi diametralmente opposti al sanguigno e geniale originale werzoghiano) nel loro tragicomico delirio che li condurrà ad una fine miserabile.
Produce Paulo Branco, come sempre sinonimo di garanzia per un prodotto d'autore.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta