Regia di Aldo Lado vedi scheda film
Giallo che rientra in pieno nel filone avviato da Dario Argento, anche se più orientato al seminale lavoro diretto da Fulci (Non si sevizia un paperino). Dopo La corta notte delle bambole di vetro, Aldo Lado gira un film decadente (per località e per psicologie deviate), immerso in una Venezia lugubre e malinconica.
Francia, Mégève, 1968: in alta montagna, in un paesaggio sommerso nella neve, qualcuno uccide una bambina con i capelli rossi.
Italia, Venezia, 1972. La piccola Roberta (Nicoletta Elmi) è in visita dal padre Franco Serpieri (George Lazenby), uno scultore separato dalla moglie. Qui, a causa del colore dei suoi capelli, attira l'attenzione della stessa signora che ha compiuto il delitto in Francia. Vestita di nero e con "veletta", l'omicida -dopo costanti inseguimenti- riesce a catturare l'innocente Roberta. Il suo corpo, privo di vita, viene rinvenuto in un canale. La drammatica esperienza riavvicina la moglie Elizabeth (Anita Strindberg) e spinge Franco ad indagare per risalire all'omicida. Da foto compromettenti, l'artista scopre che altolocati del posto -un avvocato, un mercante d'arte e una persona sconosciuta- dietro una apparente facciata di filantropia organizzano banchetti ed orge con giovani ragazze.
Dopo l'eccezionale La corta notte delle bambole di vetro, ad Aldo Lado si profila l'occasione per dirigire un altro film. Scritto da Massimo D'Avack e Francesco Barilli (regista dei successivi Il profumo della signora in nero e Pensione paura) con successive modifiche ad opera dello stesso regista, Chi l'ha vista morire? é un classico giallo che prende ispirazione da un lato (motivazioni e appartenenza dell'assassino alla stessa categoria sociale) dal seminale Non si sevizia un paperino di Lucio Fulci e dall'altro dalla messa in scena alla Dario Argento (soggettive inquietanti, cantilena infantile, omicidi feroci -fuori campo quello delle bambine, ferocissimi quelli sugli adulti- e motivazioni labili dell'assassino velocemente esposte da un esperto in chiusa). Nonostante queste caratteristiche derivative, Lado gira con stile personalissimo un giallo dalle torbide e inquietanti atmosfere, grazie anche all'uso sapiente delle decadenti location di una Venezia lugubre e autunnale, portando il film anche al livello (superiore) di "modello ispirativo" al quale guarderanno, per esempio, Nicolas Roeg con l'imminente A Venezia un dicembre rosso shocking e in misura ancora maggiore (con anche la ripresa di un turbato uomo di chiesa) Antonio Bido con Solamente nero.
Alla riuscita di un film che risalta rispetto alla media dei contemporanei lavori, contribisce in buona misura l'ottima colonna sonora di Ennio Morricone in perfetto supporto alle belle interpretazioni di attori espressivi e (talvolta) sorpendenti tipo l'ambiguo Adolfo Celi, il sofferente e oppresso dai sensi di colpa -provocati dal tradimento nei confronti della consorte- George Lazenby, la bimba Nicoletta Elmi destinata a presenziare in capisaldi del genere (Reazione a catena, Profondo rosso, Il medaglione insanguinato, Le orme e -ormai maggiorenne- pure in Dèmoni) e soprattutto (con il senno di poi) il tormentato e allucinato Alessandro Haber.
Curiosità
--- ATTENZIONE SPOILER ---
La dolorosa e folle personalità dell'omicida solidifica l'immagine angosciante del killer in abiti talari già ottimamente proposta da Lucio Fulci nel citato Non si sevizia un paperino. Questa figura ossessionata dal castigo (evocato dal fatto qui, come nel film di Fulci, che i bambini crescendo compiranno peccati) è spesso destinata a perire in una maniera metaforica: come "l'angelo caduto" dal cielo, dall'alto al basso, verso l'Inferno. Così muore precipitando don Alberto/Jean Sorel nel film di Fulci, così muore padre James/Alessandro Haber -addirittura avvolto nelle fiamme- in Chi l'ha vista morire?, e stessa sorte per contrappasso tocca pure al don Paolo/Craig Hill di Solamente nero. Differenti i destini di altri parroci che si muovono tra i risvolti del giallo italiano, che sembrano essere stati concepiti sulla falsariga dei due film basilari (di Fulci e Lado), anche se qui -per efficacia della regia che riesce a dare un taglio personale al film- è giusto ricordare il pastore evangelico (mosso al delitto da tutt'altri motivi) interpretato da Renato Romano nel bellissimo Sette orchidee macchiate di rosso, diretto con stile dall'ispirato Umberto Lenzi.
Soundtrack (Ennio Morricone)
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