Regia di Charles Walters vedi scheda film
Visto uno visti tutti, si potrebbe dire riguardo ai film di Doris Day, salvo isolate eccezioni. Ma bastano poche note di Que serà serà accennate dalla protagonista e riparte la magia. La trama è disarticolata, ma rispetto a film analoghi il film ha come vantaggi competitivi una buona regia e un contraltare di calibro come David Niven.
Visto uno visti tutti, si potrebbe dire riguardo ai film di Doris Day, salvo isolate eccezioni. Ma bastano poche note di Que serà serà accennate dalla protagonista (ebbene sì, anche in questo film), e riparte la magia. Con un certo rimpianto per la Hollywood di un tempo: dove i divi erano entità celesti, magari personaggi da fumetto, e mai e poi mai esseri reali. Doris Day sembra quasi una creatura del pensiero: un personaggio mummificato che ogni tanto riemerge in opere e contesti diversi, sempre pressoché uguale a se stesso. Ottimista e propositiva, libera e indipendente fino al proto-femminismo, in cerca di un'identità parallela e alternativa al suo uomo, in grado di offrirgli lo sguardo adorante di cui favoleggia Rick Hornby in Alta fedeltà ma anche di superarlo sul suo terreno. Così anche in Non mangiate le margherite, che rispetto a film analoghi ha come vantaggi competitivi una buona regia e la presenza di un contraltare di calibro come David Niven, con cui l'intesa appare a tutt'evidenza eccellente. Lo svantaggio è una trama disarticolata, in cui si incardinano non proprio alla perfezione una serie di motivi diversi: le vicissitudini di un trasferimento in campagna di una famiglia con quattro figli maschi a carico, l'avventura platonica di Niven con un'attricetta, e i tentativi della Day di inserirsi nella nuova comunità di appartenenza nonostante le remore del marito. Tutto già visto? Più o meno. Ma ci sarà stato un motivo se nel 1960 Doris Day guadagnava circa un milione di dollari all'anno, superando ogni altro attore americano. Maschi compresi, come volevasi dimostrare.
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