Regia di Claire Denis vedi scheda film
La Denis, interessante regista francese, realizza con "High Life" il suo primo film americano, anche se la Francia è ancora ben presente. E, guarda caso, lo fa girando un film di fantascienza, genere che non aveva mai trattato. Ma la fantascienza della Denis, è una fantascienza sui generis, filosofica, che mischia Malick, Von Trier e Nolan, togliendo allo spazio la sua dimensione astronomica e dandogliene una esistenziale. La trama è misteriosa e felicemente secondaria, se così posso dire, nel senso che veniamo da subito lasciati soli, in balìa degli ambienti angusti di una navicella-prigione, che ospita detenuti-astronauti, che hanno scelto il viaggio senza ritorno nello spazio, piuttosto che morire in carcere. Un viaggio che avrebbe l'intenzione di scoprire cosa c'è all'interno dei buchi neri, materia di stretta attualità. Ma il viaggio è un tramite per una riflessione sul termine ultimo della nostra vita e sul mistero della nascita, dove una dottoressa misteriosa, "una sciamana" come lei si definisce, cerca di concepire una vita, usando la fecondazione artificiale. Attorno a lei, questi galeotti, lo spazio profondo, le luci calde o raggelanti della nave spaziale, e le emozioni dei protagonisti, comprese le pulsioni sessuali. C'è molto materiale, quindi, da gestire, e la Denis lo fa bene, impostando un film lento e calibrato, appoggiandosi su ottimi attori, come il sempre più bravo Pattinson e la sempre conturbante, bellissima, Juliette Binoche. Nonostante la lunghezza, quasi due ore, la pellicola affascina e coinvolge, grazie anche a una bella fotografia e una sensazione palpabile di continuo mistero. Un film trattenuto, non esente da pecche, con un finale aperto e un po' deludente, ma che nel complesso regge. Opera da prendere con le pinze.
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