Regia di Thierry Demaizière, Alban Teurlai vedi scheda film
Nel 2016, passati i 50 anni, la leggenda del porno Rocco Siffredi decide di girare il suo ultimo film. Durante i preparativi, il divo dell’hard racconta la sua vita, la sua famiglia, la sua sfrenata passione per il sesso.
Come si diventa Rocco Siffredi è una bella domanda, ma qui conta poco, non è questo che principalmente interessa: in questo lavoro dei documentaristi francesi Thierry Demaizière e Alban Teurlai la questione centrale è, piuttosto, perché si diventa Rocco Siffredi. La prospettiva assume perciò una nuova profondità e si fa decisamente più curiosa, degna di nota; Rocco viene ripreso durante i preparativi per quello che annuncia essere il suo ultimo film hard (ma negli anni precedenti aveva già valutato seriamente l’addio, salvo rapido ripensamento) e racconta nel frattempo episodi della sua infanzia, adolescenza e vita da adulto in famiglia – è sposato con una collega da molti anni e ha avuto con lei due figli ormai grandi – che possono spiegare molte cose sulle sue scelte di vita. Fondamentali i ruoli della madre e della moglie: due donne, e certo non per caso. Forse il film esagera gettandosi nell’agiografico quando tenta di far passare Rocco per un femminista o per un difensore dei diritti delle donne, ma certo racconta uno spaccato di vita fuori dal comune in un ambiente, quello della pornografia, dove non esistono molte regole e la sopravvivenza può essere molto, molto dura. Il protagonista è passato indenne, anzi con un ruolo sempre in primo piano, attraverso trent’anni di cinema porno: il segreto del suo successo rimane misterioso nelle sue più sfuggenti sfumature, ma in questo documentario si colgono parecchi elementi della formula vincente di Rocco Siffredi. Le scene hard sono tutte censurate, ma i genitali abbondano, il linguaggio è decisamente vivace e la visione è comunque consigliabile a un pubblico preparato a ciò che sta per vedere. 6/10.
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