Regia di Aisling Walsh vedi scheda film
Una pura formalità.
Dato l’argomento, iniziamo con una confessione (davanti a dio e agli uomini): fino a questo momento di Aisling Walsh (Dublino, 1958; una ventina di lavori in tutto, fra cui molte serie e film tv, sin da metà anni ‘80 - “Trial & Retribution”, “Wallander” -, e poi, tra gli altri: “Song for a Raggy Boy”, “The Daisy Chain”, “A Poet in New York” e “Maudie”, quasi tutte opere poliziesche e/o di formazione e/o biografiche e/o drammi in costume: insomma, quella roba lì, ci siam capiti), a parte il segmento “Invisible State” di “Vision of Europe”, non avevo visto altro, e alla luce di questo “An Ispector Calls”, sceneggiato da Helen Edmundson (1964) traendolo dall'omonima pièce in tre atti di J.B. Priestley (1894-1984) messa in scena per la prima volta nell’estate del 1945 in Russia[*], alla fine della Seconda Guerra Mondiale (e l’anno dopo in madre patria) ed ambientata all’alba della Grande Guerra e già portata più volte sul grande e piccolo schermo (e alla radio), oltre che ovviamente sull’assito di un palcoscenico, tanto in precedenza quanto successivamente a questa edizione targata BBC (e facente a suo modo parte di un preciso sotto-sottogenere della SF speculativa, quello che narra, declinato in varie maniere, il primo contatto della razza umana con una aliena, con i componenti la xeno-specie che fanno da commissione d’esame agli appartenenti ad Homo s. sapiens: esempio paradigmatico il “Farewell to the Master” di Harry Bates del ‘40 poi trasposto al cinema dalla Fox e da Robert Wise nel ‘51 come “The Day the Earth Stood Still”, ovverossia “Ultimatum alla Terra”), beh, peccato per me. (Sempre che non si tratti del suo migliore, eh.)
[*] https://100objectsbradford.wordpress.com/2011/06/15/19-remember-eva-smith-the-inspectors-russian-journey
E proseguiamo con un’altra ammissione: l’ho recuperato soprattutto per via della presenza nel cast, nel ruolo principale, di David Thewlys.
E terminiamo con un’ennesima “rivelazione” - e poi basta, ché ho finito i sinonimi, così potrò rimettermi alla clemenza del mio giudice divino e terreno -: (sì, ho messo un trattino, poi un due punti, e poi ho aperto una parentesi, ed ora la chiudo, toh) non conoscendo - se non vagamente, a grandi linee - la trama del lavoro teatrale (il “senso” e la “morale” sì, ma le strade da percorrerle per inverarle no), mi sono goduto appieno - anche da questo PdV - l’opera televisivo-cinematografica.
- Credi in Dio?
- Sì.
- E come ci riesci?
- Non riesco a credere nelle persone. Devo credere in qualcosa…
Inghilterra, 1912. Mentre i compartimentati rapporti fra le diverse classi sociali (potere, lavoro, denaro, welfare, sesso...) proseguono il loro eterno conflitto, deflagrando per poi sublimare stemperandosi, da “Downton Abbey” (1912-1927) a “Gosford Park” (1932), con condimento etico-morale agathachristiesco (dalle origini sino a "Knives Out") l’ispettore, il confessore, il giudice, il messaggero, il creatore distratto e indifferente, che versa tardive, auto-consolanti lacrime di coccodrillo, in attesa di liberare i cani della guerra innescando una scintilla a mo’ di capro espiatorio in quel di Sarajevo, veglia il cadavere, prima di non esserci, mai, stato, e lascia allo spettatore seguire le scarpe dal tacco basso che, calzate da Eva Smith - un nome ed un cognome ch’equivalgono a dire ogni donna + ogni essere umano -, quasi non lasciano impronte sulla spiaggia di sabbia bagnata e dura, nemmeno quando a correre sulla medesima battigia, anni prima, sarà un’Eva ragazzina, nell’unico, vero momento di ricattatoria grammatica sentimentale, ma sinceramente furibondo, di quest’opera più che apprezzabile.
Per lui è una pura formalità.
- Non era un ispettore.
- Beh, di certo ci ha ispezionati.
David Thewlis (Naked, l’Assedio, the New World, the Zero Theorem, Macbeth, Anomalisa, Fargo 3, Guest of Honour, I’m Thinking of Ending Things, BarkSkins), mefistofelico, conduce le danze da far paura. Al suo fianco un eccellente parterre: Ken Scott (caratterizzazione eccellente), Miranda Richardson (precisa e calibrata), Chloe Pirrie (sorprendente), Sophie Rundle (un’Eva esemplare), Finn Cole (più che degno) e Kyle Soller (congruo e pertinente).
Fotografia: Martin Fuhrer. Montaggio: Alex Mackie. Una nota di merito a parte occorre spendere per le musiche del buon artigiano Dominik Scherrer (“the City & the City”): inserite ed utilizzate nel modo più classico - a volte in sovrappiù, a tratti, facendole strabordare -, ma veramente belle. Com'è particolarmente riuscito il momento in cui la MdP con una carrellata a sx segue l'ispettore allontanarsi dalla magione vittoriana, lo perde dietro al grosso tronco di un albero e, proseguendo il suo corso, quando lo spettatore ormai si aspetta di non vederlo ricomparire, ecco che.
[Arriva un ispettore / e ci deduce l’anima.]
* * * ½ (¾)
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