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Paterson

Regia di Jim Jarmusch vedi scheda film

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La recensione su Paterson

di Springwind
10 stelle

Un piccolo film poetico sulla poesia, in cui Jarmusch riesce a realizzare il miracolo di portare sullo schermo la magia della parola poetica, inserendola nel quotidiano più banale. Semplicemente perfetto.

Ci voleva Jim Jarmusch per convincermi a scrivere una recensione dopo sei mesi di silenzio - ma non certo di assenza dalle sale cinematografiche. Paterson mi ha talmente emozionata da farmi desiderare di condividere con altri un'emozione che da tempo non provavo al cinema. E' un piccolo film poetico sulla poesia, in cui Jarmusch riesce a realizzare il miracolo di portare sullo schermo la magia della parola poetica, inserendola nel quotidiano più banale e ripetitivo. Come a dire: la poesia è in ogni cosa, anche in una comune scatola di fiammiferi, basta avere occhi per vederla e orecchie per sentirne il ritmo, la musica. Come scriveva Rodari, sta nascosta dappertutto, è una bella addormentata che attende di essere svegliata. E la vita, anche la più banale, riserva coincidenze, incontri, somiglianze, giochi del caso che sono molto più fantasiosi di qualsiasi grande avventura. 

Ambientando la sua storia a Paterson, cittadina del New Jersey dove visse e ambiento' a sua volta il suo poema più famoso William Carlos Williams, grande poeta americano delle piccole cose, capace di dedicare una poesia semplicemente perfetta a carriola rossa smaltata dalla pioggia, Jarmusch manifesta la propria volontà di andare alla ricerca di quei luoghi - della geografia o dell'anima - in cui la poesia si nasconde. Dando inoltre lo stesso nome - Paterson - al suo protagonista, enfatizza ironicamente l'omologazione di poeta, luogo e poesia: se poi si aggiunge che questo protagonista di mestiere fa il conducente di autobus (bus driver) e che l'attore che lo interpreta di cognome fa Driver, le coincidenze che punteggiano tutta la pellicola (presenza di figure di gemelli lungo tutto il film, incontri con sconosciuti che amano la poesia, ritorno di figure geometriche, di frasi e parole) sembrano uscire dallo schermo, suggerendo una perfetta analogia tra la banalità di Paterson e la nostra banalità quotidiana. 

Dopo una sequela di pellicole precedute dalla frase: "tratto da una storia vera", è un grande piacere trovarsi di fronte a un film non biografico, una storia inventata in cui tutti, volendo, possiamo riconoscerci. La quotidianità della poesia vince sull'eccezionalità della biografia. E Jarmusch senza parere ci fa apprezzare la poesia, ci fa capire a che cosa serve, spargendo senza parere versi di Williams, allusioni a Frank O'Hara e Emily Dickinson, ma anche a Dante e Petrarca (non è un caso se la moglie di Paterson di chiama Laura e se Paterson, come Petrarca, è affascinato da chiare, fresche e dolci acque).  Del resto, anche le poesie di Paterson, quelle che scrive sul suo taccuino segreto, sono opera, in realtà, di uno dei più importanti poeti minimalisti americani, Ron Padgett. Ma sono così fresche e semplici che possiamo credere senza difficoltà le abbia scritte un riservato e silenzioso autista di bus americano, dalla vita monotona e senza scosse. Un consiglio: il film va visto in originale, sottotitolato secondo le istruzioni del regista.

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