Regia di Tatiana Huezo vedi scheda film
MUBI
Prima di guadagnarsi la ribalta di prestigio al Festival di Cannes 74 nella sezione Un Certain Regard con l'allarmante e tesissimo Prayer for the stolen, la regista messicana Tatiana Huezo si era già fatta conoscere nel 2016 con il suo drammatico e straordinario documentario Tempestad, che da pochi giorni è disponibile in streaming attraverso la piattaforma di Mubi.
Attraverso la voce narrante dimessa di due donne, vittime dirette ed indirette di veri e propri atti di persecuzione disumani e lesivi degli altrove inalienabili diritti umani, la macchina da presa della brava regista intraprende un viaggio, che si trasforma in una ricerca vana, ma necessaria, di motivazioni convincenti ai drammi che stanno alla base del film.
L'intento di fondo consiste nella ricerca di tracce utili per permettere alle persone coinvolte di giungere ad una spiegazione plausibile da una parte, e ad una sorta di elaborazione di un lutto nel secondo racconto, che non può nemmeno esser considerato tale per la mancata possibilità di rintracciare il caro disperso.
Nella prima vicenda la povera Miriam è una dipendente di un aeroporto addetta al controllo dei flussi di migranti che, un giorno all'improvviso, viene richiamata dalla sua direzione e di fatto costretta a trasferirsi, assieme ad altre persone e scortata da forze dell'ordine non ben identificate, in un luogo di detenzione, sottoposta ad accuse gravi quanto infondate, come quella di essere complice nella commissione di non ben specificati crimini inerenti traffico di esseri umani.
Picchiata e costretta a vivere in una cella angusta posta a pagamento a carico dei parenti della donna, la giovane si troverà di fronte ad una reclusione che comprometterà per sempre il proprio equilibrio psico-fisico, senza alcuna possibilità di trovare la via di un risarcimento anche solo morale che possa favorire un efficace processo di accettazione.
Nella seconda e non meno drammatica storia, una donna di nome Adela, di professione clown in un circo di famiglia, si danna per la sparizione improvvisa e prolungata da oltre dieci anni, della figlia ancora ragazza. Temendo che costei sia divenuta vittima di un commercio di esseri umani, la donna prova a denunciarne la scomparsa esigendo indagini da una polizia che, tuttavia, si rivela connivente e corrotta al punto da rendere impossibile ad una madre di potersi fare una ragione definitiva su una scomparsa che, purtroppo, non troverà mai una vera risposta o soluzione, per quanto tragica essa possa rivelarsi.
Non è facile abbandonare il racconto ad una voce narrante, cercando con le immagini di tener testa ad una narrazione inevitabilmente devastante per l'atrocità di quanto riferito dalle due protagoniste nei loro interventi.
Eppure la bravissima regista di Prayer for the stolen, Tatiana Huezo, in questo suo intenso e toccante documentario di esordio, riesce nel compito arduo e per nulla scontato di combinare la drammaticità delle vicende narrate, con immagini di un viaggio ipotetico, ma di fatto anche concreto, lungo un paesaggio in movimento, attraverso luoghi di una penisola dello Yucatan che esula dalla consuetudine di paesaggi idilliaci da cartolina, ma piuttosto concentrato sul fascino dei suoi cieli plumbei e della sua natura selvaggia, incolta e rigogliosa che svela tutta la propria sfrontata concretezza.
Ne emerge un perfetto equilibrio tra narrazione ed immagine, ove la drammaticità del contesto raccontato si rispecchia nel fascino tenebroso di una natura che non può permettersi edulcorazioni.
Ecco allora che le sommesse voci femminili che cercano invano, ma senza arrendersi, irrinunciabili risposte ai pesanti torti subiti, o peggio ancora, se possibile, notizie circa la sorte di un proprio caro disperso nel nulla, si combinano alla perfezione e con la massima coerenza con il percorso di un viaggio inevitabile e necessario, creando un effetto che mescola con coerenza e grazia dolore e poesia all'interno di un Messico che sa apparire nel contempo spietato ed affascinante.
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