Regia di Michael Ritchie vedi scheda film
Bill McKay, giovane avvocato barricadero figlio dell’ex governatore della California, viene convinto a sfidare Crocker Jarmon, vecchio politicante repubblicano, per un seggio al Senato. Un piccolo grande classico del cinema civile hollywoodiano anni ’70, che si lega all’attualità (per un’incredibile coincidenza uscì nel giugno 1972, gli stessi giorni in cui esplose il Watergate) ma non dimentica la lezione dei padri (Lo stato dell’unione di Capra) e potrebbe adattarsi benissimo al mondo d’oggi. Il regista Michael Ritchie non è certo un maestro, ma orchestra benissimo la storia (niente scene madri, solo un confuso bailamme inquadrato con montaggio frammentario) e riesce a indurre un senso di malessere anche se alla fine vincono i nostri (anzi, proprio perché alla fine vincono i nostri). La politica è un frullatore impazzito fatto di majorette, spin doctor, cene di beneficenza, comizi, capibastone, strette di mano, sondaggi, dibattiti televisivi: si entra candidati e si esce senatori senza neanche rendersi conto di come è successo. E, pur senza aver rinnegato sé stessi né tradito apertamente le proprie idee, tuttavia a furia di smussare angoli, attenuare toni, accettare compromessi, non ci si riconosce più e ci si ritrova svuotati a chiedersi cosa fare.
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