Regia di Jacques Doillon vedi scheda film
CANNES 70 - CONCORSO
La vita privata ed intima, le ossessioni tattili dei corpi e delle forme che si traducono nell'opera eccelsa, forte, ardita e certamente in anticipo coi tempi del celebre scultore Rodin, trovano espressione nel biopic che Jacques Doillon, certamente con le migliori intenzioni ed il massimo impegno, ha messo sulla scena, concentrandosi in particolare col periodo maturo dell'artista quarantenne, all'epoca dell'incontro con quella che divenne la sua allieva, amante e succube, ovvero Camille Claudel.
Peccato tuttavia che, nonostante gli sforzi, e la prova molto fisica di un ispirato Vincent Lindon, il film non riesca che a tradursi in una scontata e decisamente piatta versione dei fatti, ravvivata da una certa concentrazione per le forme, da una ossessione per la fisicità di corpi nudi impegnati in pose acrobatiche per quei tempi decisamente fuori luogo ed in odore di scandalo.
Interessante, seppur non in grado di sviarci da un giudizio deludente sul film, il confronto e conforto reciproco dell'artista con i maestri dell'impressionismo contemporanei dello scultore, come Monet e Cézanne, pure loro non compresi nella loro epoca ed in anticipo coi tempi.
A parte ciò, dunque, il film risulta davvero piatto e banale, enfatico, estenuante nella sua solennità di ambientazioni e indebolito da una figura di Camille ridotta ad una ragazzina viziata e caratteriale che si cruccia e fa i capricci come una bimba viziata.
Nessun spiraglio di novità, nessuna originalità di messa in scena, ed una ossessiva concentrazione per il lavoro sulla controversa statua creata in onore di Balzac, opera francamente piuttosto bizzarra che invece viene posta sin troppo al centro dell'attività del maestro scultore, tacendo di altre ben più suggestive e fondamentali con cui il maestro ha saputo eccellere.
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