Regia di Enzo Monteleone vedi scheda film
Campania. Un poliziotto è sulle tracce di un traffico illecito di rifiuti tossici. Il suo accanimento per la giustizia non verrà però premiato finchè rimarrà in vita, poichè morirà di tumore nel giro di poco tempo, proprio per colpa dei luoghi malsani delle indagini.
Fiction televisiva in due puntate della canonica durata di cento minuti ciascuna - sponda Rai - affidata a un serio professionista del genere come Enzo Monteleone, già due decenni di attività alle spalle in tale settore, Io non mi arrendo è la ricostruzione romanzata della parte finale della vita di Roberto Mancini, poliziotto che indagò nella (e sulla) cosiddetta 'terra dei fuochi' campana ricavandone un tumore mortale. Mancini non riuscì a portare completamente a termine la sua inchiesta, andandosene a poco più di cinquant'anni; questo lavoro lo omaggia debitamente, sia pure con tutti i limiti formali e contenutistici di un'opera espressamente realizzata per raggiungere il distratto pubblico televisivo. Si intende dire con ciò che la sceneggiatura (Enzo Monteleone, Jean Ludwigg e Marco Videtta, con la collaborazione di Giuseppe Fiorello e la consulenza di Monika Dobrowolska) non va troppo per il sottile, i personaggi sono tagliati con l'accetta (buoni i buoni, cattivi i cattivi) e i dialoghi non proprio veristi, per tacere di una narrazione lineare e priva di grossi colpi di scena, facile a seguirsi; allo stesso modo la fotografia (Stefano Falivene) e le musiche di Pivio & Aldo De Scalzi seguono criteri strettamente televisivi, limitando di fatto l'impatto estetico del lavoro. Accanto al protagonista, il già citato Fiorello, troviamo fra gli altri Massimo Popolizio, Claudio Alfonsi, Maddalena Crippa, Paolo Briguglia e l'esordiente Tchpeleva Elena nei panni della Dobrowolska, moglie polacca di Mancini. Quest'ultimo, per tutelare l'opera degli autori del copione e la loro libertà di improvvisare sulla storia di partenza, nel film si chiama in realtà Marco Giordano. 4/10.
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