Regia di Cate Shortland vedi scheda film
Clare arriva dalla lontana Brisbane sino al cuore dell'Europa, nella Berlino dei nostri giorni, in viaggio col suo zaino pesante e tanta voglia di scoprire e fotografare, con il suo inseparabile apparecchio professionale.
Dopo aver condiviso parte delle sue giornate nella città tedesca con alcuni coetanei, Clare incontra per caso un aiutante giovane professore di educazione fisica, che la corteggia senza invadenza.
Quando si convince a seguirlo nella sua dimora, un grande vecchio palazzo in gran parte disabitato, presso l'appartamento del ragazzo, che tuttavia appare arredato con cura, la ragazza si ritroverà nello status di prigioniera di quell'uomo dall'apparenza pacifica, che nasconde nella sua testa tare incontrollate e maniacalità da serial killer.
La sindrome a cui (probabilmente) si riferisce il titolo, diventa pertanto una variazione, non solo geografica, dell'altro tipico, drammatico fenomeno, quello di Stoccolma, che coglie la vittima rendendola assoggettata affettivamente al suo carceriere/molestatore.
Qui Clare tuttavia usa tutto il proprio ingegno per simulare una certa arrendevolezza e un comportamento arrendevole e finalmente dimesso nei confronti dell'astuto, cinico e folle carceriere, ragazzo di bell'aspetto e dal volto angelico e rassicurante, comprendendo di non essere la prima ragazza ad essere caduta nella sua trappola, e di correre seriamente il rischio di fare la fine drammatica di tutte coloro che la hanno preceduta.
Il film, diretto con dinamismo e un certo senso del ritmo e della suspence, ma anche con sin troppo calcolato mestiere, dalla valida regista australiana, ma non nuova a storie ambientate in terra allemanda, Cate Shortland (positivamente nota per il suo precedente buon film post olocausto "Lore" del 2012), si avvale, per la sua sostanziale riuscita, di due interpreti azzeccati ed affascinanti, già piuttosto noti: la pure lei australiana Teresa Palmer, giovane attrice già vista in svariate occasioni e spesso apprezzata, e l'affascinante, ma qui anche efficacemente molto inquietante, attore tedesco Max Riemelt.
Il thriller risulta piuttosto concitato, a tratti anche disturbante, non troppo verosimile, ma formalmente impeccabile nel suo svolgimento movimentato, assemblato nel rispetto di un plot forse sin telefonato, ma impeccabile per presa emotiva.
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