Regia di Charles Burmeister vedi scheda film
SCOTT EASTWOOD: NEL NOME DEL PADRE
Un giovane sfaccendato, con problemi di adattamento in famiglia (non lega col patrigno, che lo considera una nullità e nemmeno lo degna di attenzioni), decide una sera, sconfortato dalla noia, di accettare la proposta di un amico: preso di nascosto il bel Suv del genitore, i due valicano la frontiera texana col Messico e si rifugiano in una locanda frequentata da gente losca e prostitute.
In poco tempo l'amico viene incastrato e portato altrove, ed il nostro uomo viene avvicinato da un facinoroso leader di quello che gli viene presentato come un gruppo paramilitare impegnato nella lotta contro i trafficanti: il piccolo esercito è formato solo di ragazzi, allenati per le future operazioni dal sedicente Capitano.
Costui intuisce che il ragazzo ha una marcia in più rispetto agli altri, ed inizia a interessarsi a fondo a lui, mentre quest'ultimo presto intuisce il vero scopo di quella banda: rapinare i narcotrafficanti di droga e denaro.
Una missione suicida in cui i ragazzi, disperati e senza famiglia né avvenire, vengono praticamente condotti al macello.
Ma per il nostro uomo non sarà proprio così.
Action con ambientazione desertica che non riesce mai a risultare trascinante, né tantomeno almeno interessante.
Il giovane Scott Eastwood, con addosso il malloppo ma affetto da una insolazione, e quindi costretto a ripararsi la pelle ustionata con biglietti da 100 dollari, ricorda un pò il padre Clint nei panni de Il Buono, ustionato dal medesimo sole desertico nel celebre film di Leone.
E se per il cattivo di turno era necessaria una figura carismatica alla quale questo Nick Chinlund non riesce a conferire lo spessore e la personalità necessarie (io avrei optato per Ron Perlman), Andy Garcia è una meteora che non lascia quasi il tempo per caratterizzarsi.
La regia, a cura dello sconosciuto Charles Burmeister, non offre particolari spunti per farsi notare, ma segue diligentemente il percorso insanguinato della storia, e la sceneggiatura pare occuparsi più del lato action che dello studio delle singole sfaccettature personali dei vari protagonisti.
Sullo sfondo un Messico tutto luoghi comuni: cattiveria, ruberie e morti ammazzati; dunque un escusivo epicentro di loschi traffici e di luogo di passaggio unidirezionale verso la fatidica agognata libertà promessa dai confinanti States.
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