Regia di John Milius vedi scheda film
In questi giorni su Film TV.it c'è stato un vero proliferare di recensioni su questo "Big wednesday", forse anche perché è stato messo in streaming gratuito su Raiplay e per l'occasione è uscito un articolo della mitica Emanuela Martini che lo loda apertamente, così alla fine mi sono deciso anch'io. È un film assai divisivo, con una parte della critica che lo loda come capolavoro epico ed elegiaco e molti altri che tendono invece a sminuirlo e a trovare numerosi difetti di scrittura. Milius ha una visione certamente ambiziosa per l'epoca in cui realizzò il film e vuole fare un elogio dell'amicizia virile a cospetto degli anni che passano e delle difficoltà della vita, fra cui la guerra nel Vietnam che però nel racconto ha uno spazio piuttosto esiguo, molto meno organico ed approfondito rispetto a "Il cacciatore" di Cimino a cui questo film è stato spesso paragonato, certamente non a torto viste le numerose somiglianze della trama. "Un mercoledì da leoni" gioca il meglio del suo potenziale in alcune singole sequenze che sono dei pezzi di bravura e sono girate oggettivamente benissimo: innanzitutto la parte finale sulle onde, decisamente spettacolare e con un respiro epico che si faticherà a ritrovare nel cinema degli anni 80 o 90, ma molto bella e sentita anche la scena al cimitero in cui viene ricordato un amico morto in Vietnam, oppure il matrimonio di Bear, per quanto la scena ricordi davvero molto da vicino quella del matrimonio di Steven in "The deer Hunter". Il film però ha un andamento piuttosto discontinuo perché non sempre riesce a conferire una statura davvero memorabile ai personaggi e propone una serie di cliché che oggi fanno un po' sorridere o ne determinano l'invecchiamento rispetto ad altri prodotti new Hollywood (le scene di festa con botte da orbi sono al massimo simpatiche ma niente più che ordinaria amministrazione, i personaggi femminili lasciano il tempo che trovano e sono schizzati in maniera frettolosa, e personalmente avrei evitato l'inserimento di una checca isterica che viene bonariamente presa in giro, ma che rafforza questa ideologia machista che sottende tutta l'opera, anche se magari parlare di omofobia non è il caso). Il senso del trascorrere del tempo e della giovinezza ormai perduta è reso con una partecipazione che non può non giungere allo spettatore e gli attori fanno quel che possono, con un Gary Busey nel ruolo più simpatico in ottima forma e William Katt e Jan Michael Vincent che pur non avendo le risorse drammatiche di altri colleghi più stimati risultano nel complesso credibili, a tratti toccanti. Una menzione d'onore alla magniloquente colonna sonora di Basil Poledouris, certamente enfatica ma necessaria per dare l'afflato epico desiderato. In definitiva un falso capolavoro, ma un film che può essere ancora apprezzato su diversi fronti e che rimane una testimonianza di un talento registico esuberante che però dopo poche altre pellicole ha concluso il suo percorso artistico.
Voto 8/10
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