Regia di John Milius vedi scheda film
Cedendo alle insistenze di un amico che ormai conosce le battute a memoria, ho affrontato questo film di culto che viene ancora idolatrato dai baby boomers. Ahimè, ogni frutto ha la propria stagione. Se questa pellicola suscita ancora emozioni irrefrenabili a chi al tempo della sua uscita nelle sale cinematografiche era ammaliato dal mito del surf, poco conosciuto allora in Italia, e dal fascino di tutto ciò che era americano, per lo spettatore vergine, che affronta l'opera senza averla vista a suo tempo, la delusione cocente è in agguato dietro l'angolo. Perché se siamo di fronte ad una storia di surf, allora si tratta di un semplice filmetto per impressionare le menti prone a farsi suggestionare dei ventenni di allora, e allora è ben poca cosa. Ma se vogliamo fare gli sboroni e buttarla sull'intellettuale, parlando di film di formazione (coming of age, dicono i critici quelli fighi), o di elegia all'amicizia, allora viene spontaneo confrontarlo con un'opera omologa, quella che viene più spontanea è "Il Cacciatore" di Cimino, guarda caso uscito nello stesso anno, e allora il confronto diventa impietoso, crudele, perché c'è un abisso, anzi, due abissi tra queste due pellicole. Al di là di sceneggiatura, interpretazioni, conduzione degli attori e tutto il resto, il film di Milius è come se fosse stato girato almeno dieci anni prima del secondo, tanto è ingessato, evanescente, in una parola sola, hollywoodiano nel senso peggiore del termine. Ergo, meglio tenersi stretto il filmetto.
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