Regia di Sydney Pollack vedi scheda film
Mentre Willie Nelson canta My Heroes Have Always Been Cowboys, una rapida sequenza di immagini ci mostra l’ascesa e la caduta del campione del mondo di rodeo Sonny Steele (Robert Redford): dai cinque titoli conquistati all’infortunio che sancisce la fine della sua carriera sportiva e l’inizio di quella come testimonial della ditta di cereali AMPCO. Il nome costantemente in prima pagina sui giornali e sui cartelloni, diventa sempre più piccolo e relegato ai margini. Ora Sonny Steele va girando per l’America prestandosi a ridicole partecipazioni e spettacoli, quasi sempre ubriaco. Quando viene ingaggiato per cavalcare, agghindato e luccicante per l’ennesima carnevalata, il bellissimo e rinomato stallone "Rising Star", scopre che l'animale viene imbottito di droghe e di steroidi per tenerlo calmo e mansueto sul palcoscenico. Così, nel bel mezzo dello show, Sonny se ne esce dal teatro al galoppo di "Rising Star", e comincia una fuga, inseguito da polizia e giornali di mezza America, per dargli la libertà in una valle lontana e sconosciuta a tutti. La giornalista Hellie Martin (Jane Fonda) fiuta lo scoop e si mette alla ricerca di Sonny, riuscendolo a trovare. Inizialmente decisa a realizzare un servizio giornalistico di forte impatto, Hallie si innamora lentamente del cowboy e, comprese le sue motivazioni, decide di aiutarlo nella folle impresa.
“Storia d’amore tra un uomo, una donna e un cavallo”, come lo definisce ironicamente Morandini, Il cavaliere elettrico è la quinta collaborazione tra Sydney Pollack e Robert Redford, un connubio che aveva già regalato grandi successi quali Come eravamo, Corvo rosso non avrai il mio scalpo e I tre giorni del Condor, per citare i più importanti. Diciamo subito che si tratta di una favola ecologista un po’ prevedibile e schematica soprattutto nella rappresentazione della storia d’amore tra il rude cowboy e la sofisticata donna di città. Ma è un film ammirevole per la sincerità con la quale porta avanti il suo messaggio libertario, in bilico tra romanticismo sfrenato ed esaltazione della natura, nonché nostalgico ritratto di un’epoca ormai svanita. Lo sa bene il suo protagonista, che ha venduto l’anima al diavolo rinunciando alla vita nomade da cowboy per intraprendere una carriera “divistica”, tranquilla e ben remunerata. Ma Sonny sa anche che è ormai diventato un pagliaccio, sempre meno conosciuto dal pubblico e sempre più dedito alla bottiglia. Da qui nasce la sua ribellione nei confronti della potente AMPCO, e l’ansia di procurare la libertà ad un magnifico cavallo ingiustamente maltrattato. Western contemporaneo intriso di buoni sentimenti e di senso per l'avventura, Il cavaliere elettrico riesce ad essere emozionante e commovente. La fuga disperata di Sonny e Rising Star nel canyon, inseguiti dalle auto della polizia, è un gran bel pezzo di cinema. Ma è impossibile non commuoversi quando Sonny libera finalmente Rising Star in una sterminata prateria: “E tu lo lasci andare via così? Credevo che voi due foste amici…” gli dice Hellie. “Lo siamo!” ribatte Sonny.
Ah, dimenticavo: la colonna sonora contiene cinque perle del mitico Willie Nelson (anche interprete nel ruolo di un amico di Sonny) che canta, oltre alla canzone iniziale, anche la bellisima Midnight Rider (fantastico riarrangiamento con l'armonica di un pezzo degli Allman Brothers Band), Mama Don't Let Your Babies Grow Up To Be Cowboys e la conclusiva Hands on the Wheel. Insomma, un vero e proprio cult.
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