Regia di Giacinto Bonacquisti vedi scheda film
Cinque amici di un paesino dell’entroterra laziale si ritrovano sotto a un alberello, detto l’albero della maldicenza, a sparlare dei compaesani. Le elezioni sono in arrivo e uno di loro, di origini nobili e avverso ai comunisti, si candida a sindaco.
Giacinto Bonacquisti (chi era costui?), sorpresa sorpresa, ha diretto ben tre pellicole: questa è la sua opera prima, da lui stesso anche scritta. Siamo nel 1977, vale a dire un periodo ancora piuttosto florido per il nostro cinema, nel quale trovano spazio le produzioni più improbabili e i cineasti più improvvisati; Bonacquisti non è fra loro e il suo prodotto ha qualche interessante ragione da mostrare, ma L’alberto della maldicenza rimane comunque un film giustamente semisconosciuto. Perché, tanto per cominciare, la trama e le atmosfere della storia virano continuamente fra il serio e il faceto, tentando di costruire un discorso di analisi sociale (e politica, toccando anche in maniera marginale religione e conflitto intergenerazionale) attraverso una serie di personaggi dello spessore della macchietta, con caratteri monodimensionali e accenti regionali ben marcati, come d’altronde andava di moda ai tempi. Chiaramente è difficile prendere sul serio l’opera, con tali premesse, e questo nonostante – oltretutto – il valido cast (Leopoldo Trieste, Marc Porel, Paola Borboni, Sonia Viviani, Tiberio Murgia, Franco Citti, Al Cliver) e una confezione magari non eccelsa, ma certo sobria, con una colonna sonora di Gianni Marchetti assolutamente godibile (e in odore di morriconismo). Sei anni più tardi, nel 1983, Bonacquisti firmerà la sua seconda prova registica: I briganti. 3,5/10.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta