Regia di Robert Zemeckis vedi scheda film
Il sole sta sorgendo ma la sabbia del deserto sembra già bruciare, l’immagine da cartolina illustrata viene interrotta dall’ingresso in scena di un paracadutista, la macchina da presa di Robert Zemeckis ne inquadra prima i piedi e poi la figura intera, seguendo dall’alto il morbido atterraggio sulle dune marocchine.
Può bastare un sola scena (perdipiù la prima) per definire forma e intenti di un opera cinematografica?
In teoria direi di no, ma ci sono sempre le famose eccezioni che confermano la regola, ed è veramente un peccato che le brutte sensazioni suscitate da un incipit patinato, approssimativo e decisamente mal girato siano poi confermate nel proseguo della visione.
Allied nasce con il dichiarato intento di omaggiare il cinema di un tempo, un operazione sulla carta assai lodevole che purtroppo non trova riscontro nell’opera finita, sono stati scomodati addirittura Michael Curtiz (l’intramontabile Casablanca) e Hitchcock (tra i tanti Notorius e Il sospetto) ma non bastano le buone intenzioni a salvare il film di Zemeckis, non bastano nemmeno due star di prima grandezza come Brad Pitt e Marion Cotillard.
Siamo nel pieno della Seconda Guerra Mondiale e la storia si apre nell’esotico scenario di Casablanca, qui si danno appuntamento due agenti governativi (un franco-canadese e una francese) con il preciso obiettivo di uccidere l’ambasciatore tedesco, i due sicari si spacciano come marito e moglie e grazie alla loro convincente copertura portano a termine la missione, unico evento non previsto l’esplosione di una travolgente storia d’amore.
Max Vatan (Pitt) convince quindi la bella francese Marianne Beausejour (Cotillard) a seguirlo a Londra e a sposarlo, la donna accetta e i due vivono felici e contenti per almeno un anno, la famiglia aumenta con l’arrivo di una splendida bambina e tutto sembra andare per il meglio.
Ma “l’ombra nascosta” del titolo italiano spunta all’improvviso, gli inflessibili servizi segreti inglesi gettano pesanti dubbi sulla reale identità di Marianne e il sospetto che sia una spia nazista sotto copertura si fa sempre più pressante, per Max è un duro colpo ma l’uomo è pronto a tutto pur di provare l’innocenza della donna che ama.
Zemeckis non è certo uno sprovveduto e la sua filmografia ricca di successi e opere importanti parla chiaro, ai miei occhi resta inspiegabile cosa ci abbia visto il famoso regista in questa spy-story decisamente convenzionale, il soggetto di Steven Knight non presenta spunti originali ma si accontenta di riciclare meccanismi narrativi talmente spremuti da risultare non solo poco coinvolgenti ma a tratti persino noiosi.
Se la prima parte è una posticcia rivisitazione di atmosfere retrò rinvigorita quel tanto che basta dalla buona scena dell’attentato, nel proseguo il film scivola via tra scelte incoerenti e prevedibili, il regista spazia dal melò, al thriller, dall’action al drammatico ma non trova mai l’amalgama giusta, alla fine i conti non tornano e anche gli attori sembrano spaesati, in particolare lascia veramente perplessi la prova scialba di un imbolsito Brad Pitt, mentre la bella Cotillard tiene “botta” fino alla fine provando a mantenere a galla una barca ben avviata verso le profondità marine.
Allied mi ha riportato alla mente un film di Steven Soderbergh, il quale con Intrigo a Berlino si era lanciato anni fa in un’operazione concettualmente identica, anzi era andato addirittura oltre osando un contrastato B/N per riportare lo spettatore ai fasti di un tempo, ma certe magiche atmosfere sono irripetibili e infatti anche lui fallì miseramente, sarebbe troppo facile fare paragoni con le opere di un passato glorioso, ho letto diverse critiche dove il riferimento al capolavoro Casablanca era chiaro e diretto.
Certo, magari erano queste le intenzioni di Zemeckis ma nel caso i limiti del film appaiono ancora più lampanti, fin dall’incipit tutta la parte ambientata in Marocco puzza di posticcio lontano un miglio, è proprio il tentativo di ricreare quel tipo di ambientazione a fallire miseramente e non aiuta di certo un utilizzo della computer grafica alquanto invasivo.
Per cui togliamo Casablanca e cosa resta?
Resta un film che nelle intenzioni si pone come un ritorno al classico ma che nei fatti non potrebbe risultare più moderno, e per moderno intendo soprattutto la superficialità del quadro d’insieme, tanto per fare un esempio non ci sono personaggi di rilievo oltre ai due protagonisti, o meglio i personaggi ci sono ma il plot non riesce a definirli a dovere, Jared Harris interpreta il superiore di Max ma il suo ruolo resta secondario, la sorella lesbica del protagonista interpretata da Lizzy Caplan sembra una figura buttata lì chissà per quale motivo, gli altri sono comprimari che fanno da sfondo come sagome cartonate per il tiro a segno.
In questo scenario narrativo desolante gli unici barlumi di speranza arrivano da un paio di sequenze ben girate e dalla bella Marion Cotillard, che sembra l’unica in grado di portare a termine il suo compito donando al suo personaggio quel briciolo di umana tragedia che ce la fa amare, il resto è pura routine cinematografica, intrattenimento facile e scontato per un opera che non lascia nulla e che si dimentica in fretta.
Voto: 5
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