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The Disaster Artist

Regia di James Franco vedi scheda film

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La recensione su The Disaster Artist

di supadany
8 stelle

Torino Film Festival 35 – After hours.

«La vita non è un set chiuso»       

Non sempre per entrare nella storia di un qualsiasi campo artistico occorre compiere un’impresa positiva, come vincere un premio riconosciuto da tutti. Così, anche nel cinema può capitare che un autore – Ed Wood - sia considerato talmente incapace da rimanere sedimentato a tempo indefinito nella memoria collettiva e che un film come il misterioso The room, etichettato come obbrobrio e ignorato al tempo della sua uscita avvenuta solo grazie allo sforzo economico del suo creatore Tommy Wiseau, sia stato talmente discusso – figuriamoci oggi - da indurre milioni di persone a recuperarlo nel corso degli anni, arrivando a coprire il budget originale e generando addirittura profitti.

James Franco racconta la lavorazione del film, ma non si accontenta di annodare una sessione di ricalco, captando nell’aria l’occasione per incrementare il dosaggio dell’offerta, suggerendo a voce soffusa, regolare o alta che sia, una serie di spunti, a cominciare dal suo coinvolgimento totale, che si collega con un’adesione esclamativa direttamente al personaggio originale. Per lui, il fato sembra aver in serbo un traguardo diametralmente opposto: il successo al botteghino e i premi (ha già trionfato al Festival di San Sebastian).

Durante un’audizione come tante, il giovane e imberbe Greg Sestero (Dave Franco) conosce l’eccentrico Tommy Wiseau (James Franco). Tra i due nasce una sincera amicizia che li spinge a trasferirsi a Los Angeles, nella casa di Tommy.

Arrivato a un bivio, quest’ultimo decide di scrivere e dirigere un film, con Greg protagonista. Dopo una gestazione quasi infinita, le riprese prendono il via, tra continui ritardi e giornate turbolente, con un prodotto che di primo acchito appare di pessima qualità.

Fino al giorno della prima visione, nessuno tranne Tommy ha la benché minima idea di quale possa essere il risultato definitivo.

 

Dave Franco, James Franco

The Disaster Artist (2017): Dave Franco, James Franco

 

The disaster artist è un catino ricolmo di liquidi, alcuni presenti in piccole quantità, altri con un dosaggio abbondante, altri ancora da decifrare a seconda delle angolazioni che il singolo spettatore intende adottare. Un contenitore completamente associabile al suo deus ex machina, quel James Franco che da anni non conosce sosta nella sua continua rielaborazione cinefila, affiancando adattamenti di grandi autori della narrativa americana (In dubious battle, L’urlo e il furore, Child of God), progetti puramente alimentari (Proprio lui?), il filone (meta)demenziale con il sodale Seth Rogen (Facciamola finita, The interview) e anche la serialità di qualità (The deuce – La via del porno, 22.11.63), all’interno di una produzione che sembra fatta apposta per stabilire un record quantitavo, il risultato di una valvola di sfogo perennemente aperta.

Più che in altre circostanze, emerge il Franco pensiero, rilasciato senza soluzione di continuità, un riversamento di una passione fibrillante e primordiale, con un egocentrismo lapalissiano prima di subito, in virtù di un’introduzione esuberante, costituita da un intarsio di dichiarazioni rilasciate da illustri colleghi sulla storia che andremo a vedere.

Da qui, lo svolgimento parte da lontano, dalle prime armi, il senso di appartenenza amplificato all’ennesima potenza dal reale legame fraterno tra i due protagonisti, esperienze tra il bizzarro e il bizzoso, con la performance che viene prima di tutto, la motivazione come sprono necessario per non avere rimpianti e dare sempre il massimo.

La portata principale è comunque legata all’iter realizzativo dello scult preso in esame, un’avventura talmente strampalata da consentirgli di (fuori)uscire dagli schemi, tra ciak infiniti tanto da condurre allo sfinimento anche l’anima più pia, modi da tiranno e decisioni criptiche. E tutt’intorno c’è il cinema, il suo organismo (la produzione), il ricordo (le citazioni sono sterminate, da James Dean in poi) e la sua ricezione, l’incomprensione esterna che può accumunare il genio e l’incapace, quella follia che rende ogni scansione indecifrabile, lasciando a bocca aperta, per lo sgomento o l’entusiasmo poco importa.

Un lavoro biografico che ingloba anche contenuti personali, un’impronta di rara intensità, tra lo spettinato e il calibrato, una tenacia di adesione e comprensione che allunga la sua ombra ben oltre il soggetto specifico, dimenandosi tra il cinema e la realtà. Una girandola scoppiettante e sapida, da gustare rigorosamente in versione originale: la performance del James Franco attore è praticamente irripetibile, fisicamente ma ancor di più nella declinazione della parlata e di una risata atona, irresistibile come se fosse ottenuta sotto l’effetto di un acido.

Una scheggia impazzita, prodotta, diretta, interpretata, su e dentro James Franco, follemente divertente e con tanta polpa, da scoprire un morso dopo l’altro.         

Chi la dura la vince, in un tripudio impossibile da ipotizzare solo pochi mesi fa, almeno non in queste proporzioni.

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