Regia di Terry George vedi scheda film
Film dal valore socio-culturale e dal potenziale immenso che lascia lo spettatore con un’inevitabile sensazione di rimpianto, perché il tutto sà di un’occasione sprecata.
Ci sono pellicole che hanno valore a prescindere dal giudizio favorevole o meno della critica più prestigiosa, dai premi conseguiti o dagli incassi riscossi a dimostrazione di un consenso generale. Quando la tematica trattata è volta a toccare/scuotere le coscienze su avvenimenti storici così drammatici, quali il genocidio armeno, il film assume un’importanza socio-culturale che prevale sull’aspetto artistico.
Pertanto bisogna essere riconoscenti a chi investe per produrre e distribuire titoli come “The promise”, certi che chi si approccia con una sceneggiatura di questo genere lo fa con un senso di responsabilità e riverenza che lo spinge a dare il meglio. Come detto, il plauso è a prescindere.
Solo dopo si giudica il film…e dispiace ammettere, per quanto riguarda il sottoscritto, che si tratta di un’occasione persa.
Persa in quanto l’argomento in questione, il genocidio armeno appunto, non trova molto spazio nella filmografia mondiale; poca roba fino al rilascio del film del 2016 diretto da Terry George.
Terry George firma anche la sceneggiatura, ed in essa risiede il problema: il genocidio armeno fa da sfondo (almeno per 3/4 dei 132 minuti complessivi) ad un triangolo amoroso tra un personaggio femminile (interpretato da Charlotte Le Bon) e i due contendenti (Oscar Isaac vs. Christian Bale). Il tutto farcito di frequenti banalità varie sparse tra i dialoghi e le situazioni messe in scena, il tutto reso ancora più inutile da una rappresentazione dei protagonisti vaga e superficiale; non si va a fondo, ad esempio, nel personaggio di Bale, cronista americano eroico che sfida (letteralmente) la morte per narrare al mondo le barbarie perpetrate e poi salvare quanti più armeni possibili buttandosi a capofitto nella battaglia. Anche gli eventi che portano il personaggio della Le Bon, fidanzata del cronista, a flirtare con un fare adolescenziale col futuro medico interpretato da Isaac, peraltro già promesso sposo, il che porterà i due ad innamorarsi visceralmente l’uno dell’altra dopo una sola notte d’amore…ecco che tutto si traduce in una messa in scena all’insegna dell’approssimazione e del superfluo.
Se questo era il taglio cui dare al film, sarebbe stata senz’altro più efficace l’accoppiata Jerry Bruckheimer/Michael Bay, perché il tutto ricorda tanto il loro “Pearl Harbor”, con tanto di canzone originale celebrativa dei titoli di coda dal titolo omonimo “The promise”.
E poi tanti personaggi di contorno pieni di cliché: il giovane rampollo benestante di famiglia turca di alto rango con una coscienza ferrea che lo spingerà a sacrificare tutto per difendere gli indifesi; ma l’apice viene raggiunta dal sindaco che guida la sua comunità ad una resistenza eroica con dei modi ed un’enfasi a dir poco stucchevoli.
Tutto quanto detto per evidenziare come un film di tale rilievo storico meritava ben altro…uno studios più importante alle spalle, un regista con uno stile più incisivo ed una sceneggiatura più curata, stratificata. Peccato soprattutto per la sceneggiatura, perché la firma è la stessa di un film di ben altra caratura, “Nel nome del padre”…lì 7 candidature ai premi oscar e un Daniel Day-Lewis esaltato al meglio, quì un Christian Bale relegato a gregario e un solo risultato certo: RIMPIANTO.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta