Regia di Sólveig Anspach vedi scheda film
Cosa sia esattamente un “effetto acquatico” non mi è del tutto chiaro (la piscina come metafora di vita?), ma mi è, più o meno, chiaro cosa sia L’effetto acquatico (che, incredibile dictu, suona così anche nel titolo originale). Gruista venuto chissà da dove, Saimir si prende una cotta per Agathe, una ruvida istruttrice di nuoto da poco vedova, e allora s’iscrive al corso da neofita in piscina. Quando lei deve partire alla volta dell’Islanda per presenziare ad un improbabile congresso mondiale delle piscine, lui non può far altro che seguirla, malgrado lei non voglia. Parabola sull’ostinazione, certo, ma anche sulla testardaggine, L’effetto acquatico è il classico piccolo film a cui è difficile dir male per il garbo che trasmette e al contempo pregno di tutti i vezzi del tipo di cinema al quale appartiene.
Storia d’amore che scalda il cuore per la strana alchimia tra due inconsueti oggetti del desiderio alla disperata ricerca di un romanticismo all’altezza delle loro esigenze (lui è costantemente sedotto da qualunque donna, lei rifiuta qualunque uomo se non nei termini di un’avventura che in realtà non sa vivere davvero), è anche un insolito incontro tra il minimalismo del cinema europeo medio d’autore (cercare la poesia nell’acqua chiusa di una piscina non è da tutti – ma il finale è, significativamente, en plein air) e l’ambizione popolare di un siffatto racconto sentimentale (la rapidità della durata, l’intimismo dello sguardo, l’ironia dei bozzetti). Gentile – anche troppo, tenero – anche troppo, ma mai teso alla sdolcinata pretesa di voler appassionare a tutti i costi. Ultimo film di Solveig Anspach, è un commiato col sorriso di chi conosce il proprio destino.
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