Regia di Philippe Lioret vedi scheda film
L’emozione, contrastante e intima come si conviene, della scoperta di una parte delle proprie origine, maturata in seguito alla presa d'atto dei natali del proprio padre sconosciuto, si avvia a far vivere al ragazzo, trentacinquenne parigino divorziato e con figlia piccola a carico, una intensa esperienza di vita.
Quel genitore, da sempre citato dalla propria madre come una fugace avventura sentimentale di pochi giorni, perso nella memoria e sostituito dalla presenza di un figlio cresciuto ed allevato sotto l’egida di un'unica presenza tutoriale, diviene l’oggetto di una ricerca quasi ossessiva dopo che il nostro Mathieu ne scopre l’esistenza, per ironia subito dopo la notizia della morte dello stesso, in Canada.
Recatosi in loco, ed accompagnato nelle ricerche delle proprie tracce offuscate da un caro amico medico del defunto, il giovane uomo scoprirà l’esistenza di ben due "fratelli di sangue", e il calore di una famiglia che non ha nulla a che spartire con lui, ma che si dimostra molto più calorosa ed accogliente dei due altri figli del deceduto, scontrosi e sospettosi, pur restando, per ragioni di opportunità, allo scuro della esistenza di un ulteriore fratello.
Il ritorno in scena di un gran regista intenso ed intimista come lo è Philippe Lioret (suoi i precedenti e notevoli Welcome e Tutti i nostri desideri), si consuma sulle tracce di un percorso di vita familiare mai intrapreso, del quale ormai non resta che seguirne le flebili tracce, tra invidie o indifferenze da parte di chi invece ha potuto godere della presenza di chi ormai non ha più occasione di manifestarsi.
Con annessa sorpresa finale intuibile ma non rivelabile in questa sede.
La scelta di Pierre Deladonchamps, sguardo aguzzo su un corpo snello e nervoso, appare felice per la miglior sintesi che il giovane promettente interprete riesce a dare del suo personaggio, combattuto tra il desiderio di conoscere notizie utili che completino i forti enigmi risalenti a parte della sua stirpe, e quello di non sottrarsi al dovere di genitore, quale pure ugualmente egli è, o agli impegni lavorativi che per tale circostanza è costretto per un po’ a mettere da parte.
Ma è il ruolo dell’amico del padre, quello ben reso da Gabriel Arcand (fratello del celebre regista canadese Denis de Jesus of Montreal e Le invasioni barbariche) a spiccare su tutti, e chi vedrà capirà perché; nel volto dell’attore la rassegnazione per una perdita sofferta, la vergogna di trovarsi di fronte ad atteggiamenti arrivisti e calcolatori di figli non degni di un padre come il suo caro amico scomparso, e un imbarazzo ancora più importante è pertinente che verrà adeguatamente chiarito.
Lioret questa volta appare un po’ più incerto o meno controllato rispetto alle sue notevoli opere precedenti, come se la ricerca di una propria traccia di vita sia volutamente pervasa di dubbio ed incertezza: una sospensione forse necessaria, un gioco un po' troppo azzardato verso un finale a sorpresa che tuttavia fa perdere un po’ di carattere alla storia ed ai suoi personaggi, immergendoli in un limbo ed in un grigiore che si intravede, ma non appare definito o definibile (anche la storia tra il protagonista e la figlia del dottore non pare avere una funzione o direzione precisa nel contesto della vicenda, se non quella inevitabilmente legata alla verità nascosta) con migliore o più efficace precisione.
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