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Le donne della mia vita

Regia di Mike Mills vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Le donne della mia vita

di alan smithee
6 stelle

Storia nostalgica, ma senza piagnistei, anzi piena di brio, di una singolare maternità, di una famiglia allargata ante litteram, che si associa per affrontare con dignità e orgoglio le incognite di un futuro che promette molte conquiste, ma non nasconde nemmeno le minacce fatali che attendono ognuno proprio dietro l'angolo. Ottime prove attoriali.

A fine anni ’70, nella città turistica di Santa Barbara, in California, una madre cinquantacinquenne di nome Dirothea, brillante architetto che ha scelto, nonostante i pretendenti non le siano mai mancati, di crescere da sola il figlio unico concepito oltre la fatidica soglia dei quarant’anni, decide di aprire la sua eccentrica grande casa in corso di perenne ristrutturazione, a due ragazze che capitano in giro in quelle zone: una eccentrica ma sensibile artista punk a cui affitta una camera, ed una bella ragazzina 17enne in rotta con la genitrice, che trova letteralmente rifugio in quel “disordine organizzato” di casa: per lei, tutto per lei, la donna cerca di trattenere un simpatico ed aitante artigiano che la aiuta a sistemare una casa originariamente di pregio, ma che sta andando letteralmente in brandelli.

Sono gli anni - quelli in cui ci riporta il film con una accurata soluzione di particolari scenografici e di ricostruzione - scottanti, forieri di importanti rivoluzioni culturali e dello spirito, e Dorothea desidera che il figlio apprenda a vivere con uno spirito disincantato, libero da falsi bigottismi e pregiudizi la sua vita agli albori.

Si respira un’aria ottimisticamente femminista nel film diretto con cura e passione da Mike Mills (quello del gradevole Beginners, con Christopher Plummer padre sessualmente confuso di Ewan McGregor): una pellicola pregevolmente calata nel periodo storico di riferimento, che si pregia di tre attrici ognuna in stato di grazia: Annette Bening, qui impegnata forne nella sua migliore prova dell'ultimo decennio, rinuncia con orgoglio e purezza ad ogni tentazione cosmetica per fornirci un ritratto di donna bella e stropicciata dal tempo che passa, positiva e orgogliosa nonostante le difficoltà e soprattutto madre leale, amica e collaborativa nei confronti del figlio sveglio e intelligente che sa tenerle testa con ironica ed acuta compatibilità.

Greta Gerwig con ciuffo fulvo sostiene con una drammaticità più forte del solito il suo personaggio di donna afflitta da gravi complicazioni uterine, destinata a rinunciare ad una maternità che mai come da quando sa di non sostenerla, le manca e le pare indispensabile.

Elle Fanning, deliziosa come sempre, è una diciassettenne che sa ritagliarsi il ruolo di amica ed iniziatrice “emozionale” del suo compagno quindicenne sveglio e sicuro di sé senza inutili ostentazioni, sempre lucido e meditativo oltre ogni ipotizzabile misura rapportata alla sua giovane età e condizione: lo interpreta con brio e volitiva partecipazione un giovane attore che potremmo rivedere in altre occasioni, tanto ci pare felice la sua presenza nel film: si chiama Lucas Jade Zumann, volto gradevole e promettente.

A Bill Crudup è assegnato il ruolo dell’uomo utile, rassicurante, necessario, ma per nulla opprimente né limitato da gelosie o altri limiti che spesso caratterizzano sino alla logorrea, la figura del maschio di riferimento, spesso padre e padrone consapevole e per questo più inevitabile che fondamentale.

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