Regia di Joachim Lafosse vedi scheda film
Quando finisce un amore, checché ne dicano i cantautori, c’è sempre un motivo, e ci sono il nodo nella gola e il buco nello stomaco. Nel mettere in scena l’autopsia del matrimonio fallito tra la sofisticata Marie e il rude Boris, Joachim Lafosse, calibrando le implicazioni fisiche della crisi col contesto forzatamente ovattato entro cui avviene, pensa anzitutto a sottolineare la quotidianità, quasi la banalità, di un dolore inevitabile. I due (ex) coniugi, che appaiono inconciliabili eppure fatalmente indissolubili, tessono un discorso amoroso in cui lo spettatore può ritrovarsi senza il dovere di sentirsi accolto.
La freddezza che spesso trasmette, complici i colori sovente raggelati della fotografia di Jean-François Hensgens, si lega proprio al suo puntuale titolo originale, L’économie du cople (Dopo l’amore è una timida e rinunciataria scelta piegata ai meri contenuti della storia). Nel termine “economia” s’annidano le sofferenze finanziarie (i problemi di lavoro, le spartizioni dei beni) e l’amministrazione emotiva (i rapporti con le figlie, il ruolo di parenti e amici, l’attrazione carnale) del ménage matrimoniale, e l’istintivo distacco nei confronti del concetto “economia” induce a porsi sì dentro la casa in cui pressoché scorre tutto il film – finale a parte – ma anche estraniandosi da ciò che vi avviene.
Pur non sapendo sempre appassionare alle vicende di questi due quarantenni separati in casa, nervosi, incoerenti ed innamorati, l’approccio minimalista di Lafosse, più domestico che intimo, sottrae bene laddove le intelligenti recitazioni di Bérénice Bejo e Cédric Kahn non possono (o devono) disinnescare il potenziale della loro disperata chimica sessuale, né l’ipotesi di felicità che trova il suo spazio nell’unico momento davvero musicale.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta