Regia di Christophe Barratier vedi scheda film
...il mondo dei raider... per una persona normale è un mondo di pazzi...
E’ strano che un film francese abbia un titolo in inglese, tenuto conto che i francesi sono così attenti all’integrità della loro lingua. L’outsider del regista Christophe Varratier è ambientato nel mondo della finanza o meglio nel mondo dei raider, cioè chi compra e vende in continuazione titoli guadagnando sul differenziale tra prezzo di acquista e vendita. Gente che non produce nulla e non vende o compra nulla di reale, ma opera in un vorticoso e stressante ritmo di acquisti e vendite muovendo somme enormi e guadagnando o perdendo nel giro di un attimo. E opera senza soluzione di continuità su borse diverse in base ai fusi orari. In questo ambiente di lavoro a Parigi arriva Jerome dalla provincia francese. E’ un giovane affascinato dalla città e dalla grandiosità degli uffici della Societé Général che è la grande società che opera in borsa tramite i raider del suo staff. I radier operano in un grande salone disseminato di computer che riportano attimo per attimo le quotazioni della borsa di Parigi o delle altre borse in orari diversi. Jerome, dopo un periodo di training iniziale, diventa un raider.
Questo mondo lo affascina e lo affascina questo rapporto quasi tribale con il gruppo di raider e del loro capo. E’ veramente come una tribù molto coesa che condivide questo lavoro così particolare che permette di guadagnare o perdere somme enormi. E, come una tribù, hanno quasi riti di iniziazione e rituali per stare insieme,. In pratica quello dei raider è un mondo totalizzante e la persona ridotta al solo suo lavoro e niente altro. Tutto il resto non esiste. Un lavoro estremamente logorante perché bisogna decidere ogni secondo le scelte da fare seguendo la curva di quotazione dei titoli. I raider sono dipendenti della società e hanno dei budget individuali, in base alle loro performance precedenti, e la società se tutto va bene tollera anche se superano il budget perché il guadagno è tutto della società. I raider guadagnano somme elevatissime e, con tecniche che mi sfuggono, riescono a nascondere “sotto il tappeto” parte dei loro guadagni che finiscono direttamente a loro.
Jerome, dopo il periodo iniziale, diventa bravissimo a fare questo raggiungendo a mettere “sotto il tappeto” un milione e mezzo di euro ma il meccanismo si inceppa cerca di nascondere tutto questo causando alla società perdite miliardarie. Questo meccanismo è difficile da capire, bisognerebbe essere esperti in operazioni speculative estreme.
Il film mostra con occhio impietoso questo mondo apparentemente scintillante, come il grattacielo in cui sono gli uffici, e altrettanto freddo e inesorabile che schiaccia la vita delle persone drogandole di soldi e di un lavoro del tutto scollegato da un lavoro vero e costruttivo. La vita all’esterno della tribù del gruppo di raider non esiste, nemmeno la morte del padre riuscirà a ridare a Jerome un po’ di normalità. Uno squarcio sulla inumanità dell’ambiente si ha quando in due minuti un raider che aveva sbagliato viene licenziato e allontanato immediatamente della vigilanza dagli uffici della società. E’ il giovane esce con i suoi scatoloni e si butta da un cavalcavia dominato dal grattacielo della società. Quasi come una vittima sacrificale di fronte al moloch del danaro e della finanza estrema.
Nel film manca però ogni riferimento alla vita personale dei raider come se fossero, e forse lo sono, degli uomini a una dimensione, soldi e “lavoro”.
Il film è ispirato a una storia vera di una grande società finanziaria francese travolta da un crack speculativo in borsa.
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