Regia di Ivo Ferreira vedi scheda film
20eme SEMAINE DU CINEMA LUSOPHONE
La guerra coloniale portoghese, detta anche in Portogallo “guerra d’oltremare”, e nelle colonie “guerra di liberazione, fu un lungo conflitto armato svoltosi tra il 1961 e il 1974 nelle colonie africane del Portogallo: Angola, Guinea Portoghese e Mozambico. Il Portogallo, retto all'epoca dal regime conservatore e autoritario dell'Estado Novo di Antònio de Oliveira Salazar, si trovò ad affrontare la guerriglia di una serie di movimenti indipendentisti africani, diversi da regione a regione.
In questo contesto, il giovane medico Antònio Lobo Antunes viene arruolato, nel 1971, nell’esercito portoghese ed inviato come medico militare in Angola, ove la guerra contro i locali ribelli è particolarmente efferata.
Basandosi sul vero rapporto epistolare intercorso tra il medico e la giovane consorte, il bravo regista portoghese Ivo Ferreira ne racconta per immagini in uno stordente bianco e nero – alcune suadenti e dalla bellezza stordente di un contesto naturale , altre drammatiche, ricognitive e descrittive della violenza perpetrata dallo stato di guerra in corso - le dinamiche storico politiche in territorio di guerra, seguendo lo sguardo umano e sconvolto del giovane inviato, e mettendo in condizione lo spettatore di introdursi all’interno di un racconto intimo e familiare.
Ferreira riprende l’azione e la contemplazione del medico, la sua titubanza che matura via via in una azione sempre più convinta e concreta, con le parole che provengono dalla voce dolce e fuori campo della moglie del protagonista, mentre si accinge a leggere ciò che il marito le descrive con accorato e spesso lucido dettaglio.
Ne scaturisce un mix molto riuscito di cinema raccontato, ovvero narrato e filmato come una sorta di documentario che lascia spazio ad una fitta narrazione fuori campo, ove l’immagine si fonde al racconto con pregevole alternanza e a volte nella contemporaneità di gesti e parole perfettamente integrati, in grado di rendere in capo allo spettatore, lo sconcerto spettrale dell’azione bellica sulle vittime, quasi sempre innocenti, e la poetica di una natura circostante pressoché immacolata, testimone e teatro scenico incolpevole, dalla bellezza disarmante e superiore.
Un film, questo “Cartas de la guerra”, che sa coniugare alla perfezione il senso di realismo da brutalità bellica, e la contemplazione quasi mistica di un luogo di fatto concettualmente estraneo alla prima, ma coinvolto per il solo incolpevole motivo di esservi implicato geograficamente.
Una pellicola che più di ogni altra si inserisce di diritto ed in modo impeccabilmente opportuno entro una manifestazione e rassegna cinematografica incentrata sulla cultura e la storia lusitana.
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