Regia di Benoît Jacquot vedi scheda film
VENEZIA 73 - FUORI CONCORSO
Liberamente tratto dal racconto The body artist di Don De Lillo, uno che di complotti se ne intende, questo ultimo film di Benoit Jacquot ci racconta, coadiuvato da musiche un pò standard ma efficaci proprie del thriller classico, di un complotto della mente che si annida nella psiche di una performer d'arte moderna, notata per la sua bellezza fisica e l'elegante postura da un celebre regista mentre sta posando per un'opera di video arte presso un museo situato all'interno di una struttura ove egli deve presentare la sua ultima opera.
Tra i due la scintilla passionale non tarda a scoppiare e l'uomo la porta presso la sua dimora isolata presa in affitto per l'occasione nelle vicinanze: una villa dai tratti moderni e solenni in stato di evidente trascuratezza.
Rey e Laura, divenuti una coppia stabile ai danni dell'attrice che fu fino a pochi giorrni prima la compagna ufficiale del regista, sembrano condividere una passione reciproca e duratura. Ma un giorno l'uomo non fa più ritorno a casa, vittima di un incidente causato da circosstanze volutamente non molto chiarite.
Da quel momento la ragazza decide di continuare a stabilirsi in quella casa nuda, inquietante e spoglia, dal cui piano superiore continuano a provenire rumori sordi di provenienza incerta e misteriosa.
In una camera infine la ragazza scoprirà rannicchiato nel letto un clone del suo defunto Rey, regredito ad uno statoo psichico infantile: non coordina bene le parole, cammina a stento, è impacciato a legarsi i lacci delle scarpe e rispone con suoni elementari ed un vocabolario molto limitato.
Chi è questo tizio? Perché assomiglia incredibilmente al Rey morto e già cremato? Jacquot decide a quel puntoo di avantaggiare lo spettatore anticipandogli che la mente di Laura è così scossa e turbata da prefigurarsi situazioni irreali in cui le pare di accompagnarsi ad una persona che assume talvolta le sembianze del suo ex compagno, talvolta di lei stessa, che in tal modo si rivede come di fronte ad uno specchio.
Incognite della mente, sviluppo smisurato ed oltre ogni limite della performance che l'attrice porta avanti con una convinzione totalizzante: la vita vera e quella rappresentata finiscono per coincidere rendendo impossibile discernere una dall'altra.
Il film non concede molte altre spiegazioni e forse è un bene. Mathieu Amalric, con quello suo sguardi perennemente perplesso ed inquieto, non pare molto distante dalle atmosfere malsane, soffocate e un pò malate della sua ultima regia (La camera azzurra, da Simenon). A jamais si concentra sui volti, in particolare quello magnifico e solare della ancora poco nota Julia Roy. Produce il coraggioso ed instancabile Paulo Branco, quasi sempre garanzia di un prodotto autoriale interessante e stimolante.
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