Regia di Zhang Yimou vedi scheda film
Un film d’azione un po’ strambo che nella grafica compostezza della messa in scena del cinema action storico cinese innesta la sdrammatizzante baldanza yankee dell’americanata pop (corn).
The Great Wall è uno dei tanti film che recentemente hanno visto la collaborazione produttiva tra l’industria cinematografica più potente al mondo, quella hollywoodiana e il bacino di spettatori più vasto e interessato al cinema del pianeta, quello cinese. Quando la domanda incontra l’offerta. E’ il mercato bellezza ed è anche il concetto di pagina uno di qualsiasi manuale di economia.
Ecco quindi che in un magma produttivo rutilante e composito si fonde la potenza economica americana con la quota Matt Damon, il divo che è riconosciuto in tutto il mondo come un santino; Zhang Yimou, un regista che ha abbandonato l’elegante cinema d’autore per concedere le grazie della sua immaginazione visiva al cinema d’azione; la star hongkonghese Andy Lau a coprire l’esigenza di divismo dell’altra metà del cielo; la maestosità della misteriosa Grande Muraglia che gioca a equivocare l’aspettativa del film sottintendendo un contesto storico; mostri in CGI che assaltano come gli orchi del Signore degli Anelli spazzando via ogni retro-pensiero circa le memorabilia del medioevo cinese.
Visi di porcellana e costumi da fumetto manga s’inseriscono in una storia fantasy di avventura e tradimenti, con tanghero che si redime e salva il mondo. Almeno quello conosciuto. Una tipica storia del cinema d’azione americano, scritta da Max Brooks, figlio di Mel Brooks e Anne Bancroft che calibra un film d’avventura senza tanti fronzoli, con la retorica al minimo e tanta azione tamarra resa elegante e visivamente potente dal talento del regista.
Passato lo stupore, il film funziona. Diverte perché è quello che il mercato cinese chiede. E funziona perché The Great Wall è un film che non pretende di essere null’altro rispetto a ciò che è: intrattenimento di alto livello pensato per un pubblico giovane che vuole solo distrarsi dalle fatiche dell’elevare il PIL del proprio paese del 6% annuo.
Quindi, un drappello di mercenari giunti nella misteriosa Cina per accaparrarsi la terribile polvere nera, arma definitiva, rimane invischiata nella lotta dell’esercito cinese contro le scorribande di una razza di animali alieni proveniente, eoni prima, da un meteorite schiantatosi sulle montagne circostanti e che ciclicamente si ripresenta a reclamare il dominio sul mondo.
Ecco perché costruirono la grande muraglia. Mistero svelato.
Ed ecco tutto il talento visionario di Yimou messo al servizio del blockbuster sino-americano che fa dimenticare una storia basica, tutto sommato calibrata sugli stereotipi del cinema di genere, fatto di figurine dall’esile spessore portatrici di caratteristiche drammaturgiche monodose, usa e getta.
Coreografie e colori, ralenty e brusche accelerazioni, invenzioni visive e sospensione dell’incredulità tirata per i capelli contraddistinguono un film d’azione un po’ strambo che nella grafica compostezza della messa in scena del cinema action storico cinese innesta la sdrammatizzante baldanza yankee dell’americanata pop (corn).
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