Regia di Emmanuelle Bercot vedi scheda film
"Ho letto il suo libro, è insopportabile, e penso di essere stata l'unica di tutti i giornalisti di Parigi a leggerlo. Mi ha intasato la segreteria con trecentomila messaggi parlando di emergenza. Mi riempie la testa da un'ora con le sue storie di assurdi dati statistici, una micidiale rottura di palle. Io scrivo per Le figarò, non per un giornalino scolastico, se non ha altra carne al fuoco torno a dormire."
Così dice chiaro e tondo una giornalista alla protagonista che era riuscita a strapparle, unica tra la pletora di giornalisti cui aveva inviato il suo libro-denuncia su un caso di mala-sanità (o meglio, mala-farmacia), un appuntamento in un bar parigino. Le sue parole riassumono molto bene tutta la storia e anche il film.
C'era la legittima e naturale necessità di romanzare la realtà di una noiosissima indagine ospedaliera (lo dico per aver esercitato l'attività diversi anni) con le relative audizioni presso le autorità competenti, e di renderla avvincente; ma trovo la missione sostanzialmente fallita.
La protagonista, medico di Brest che si convince che un farmaco antidiabetico sia la causa della morte di alcuni suoi pazienti, è presentata nel privato come madre e moglie affettuosa ma anche insofferente, nella professione scrupolosa ed empatica verso i pazienti ma anche strafottente e scorretta verso gli stessi colleghi che arruola volenti o recalcitranti nella sua battaglia, ossessionata com'è dalla sua maniacale convinzione di doversi opporre personalmente a un'ingiustizia intollerabile. Questi tratti così contraddittori e antitetici, che si alternano nelle varie scene del film, finiscono col minare la credibilità del suo personaggio così come quella dei comprimari per riempire, a me pare, una sostanziale banalità di eventi.
Insomma, non ho alcuna simpatia per la causa farmaceutica messa sotto accusa, che impersonifica un sistema basato sul profitto anziché sulla salute dei cittadini, ma nemmeno sono riuscito a provare uno slancio sincero per la protagonista, tratteggiata come una maniaca narcisista, impulsiva, arrogante e umorale.
Del resto l'attrice sembra a suo agio a gigioneggiare in questo suo ruolo di eroina schizofrenica, sorridente e amorevole in una scena e corrucciata e cinica nella successiva, ma il film scorre senza alcun colpo di scena trascinandosi dall'inizio alla fine in "storie di assurdi dati statistici, una micidiale rottura di palle".
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