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A Quiet Passion

Regia di Terence Davies vedi scheda film

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La recensione su A Quiet Passion

di laulilla
8 stelle

Il film ricostruisce la vita di Emily Dickinson (1830-1886), ovvero di una delle più grandi voci della poesia americana dell’Ottocento, che il regista Terence Davies evoca con cura meticolosa, attento a rendere storicamente credibile e cinematograficamente interessante una storia molto difficile, nella quale contano anche i più  più minuti particolari, essendo stata la vicenda umana della poetessa poverissima di eventi di rilievo. La sua esistenza si era infatti svolta quasi sempre in famiglia e all’interno delle mura domestiche della casa di Armherst nel Massachusetts, dalla quale, dopo il rientro dal College, non si era quasi mai allontanata, per consapevole scelta personale, sentendosi solo in quel luogo e solo nella propria stanza completamente libera di coltivare e perfezionare la sua passione di sempre per la scrittura letteraria e la poesia. Il regista, soprattutto nella prima parte del film, col minimalismo raffinato che ne contraddistingue lo stile, indugia su alcuni episodi della giovinezza di Emily (Emma Bell; in seguito Cynthia Nixon) che aiutano a comprenderne la singolarità: dall’isolamento subìto, per motivi di dissenso religioso, nel College da cui fu costretta a ritirarsi, all’evidente fastidio durante la visita alla zia di Boston (indimenticabile il piano sequenza che segue l’incrociarsi significativo dei diversi sguardi), al rapporto sempre dialettico, ma quasi sempre affettuoso col padre, ricco avvocato e politico (Keith Carradine), a sua volta tenero con lei e acuto nel percepirne le qualità speciali, tanto da concederle il permesso di scrivere durante le ore notturne, ciò che non si era mai visto in quella casa, da sempre rigidamente organizzata secondo l’alternarsi della luce naturale e del buio. Alle conoscenze paterne si sarebbe ancora appellata Emily per pubblicare le sue prime poesie, presso un editore col quale ebbe in seguito discussioni molto accese sulla letteratura “al femminile”, cui seguirono la rottura e la decisione, sempre più ferma, di continuare a scrivere sfruttando il grande privilegio del proprio isolamento e della propria indipendenza, per la quale aveva rinunciato all’amore e al matrimonio. In vita fu circondata dall’affetto di tutti i suoi familiari, che la accettarono ma che mai la compresero del tutto e che non sempre gradirono le sue intemperanze, poiché Emily, invecchiando, aveva accentuato la propria rigidità intollerante e il rifiuto di ogni compromesso, provocando anche la crisi del proprio rapporto con Austin, l’amato fratello che aveva combattuto per gli Unionisti durante la guerra civile americana.

 

 
 

Il film è condotto con grande eleganza ed è allietato, si può ben dire, dalla lettura fuori campo di alcune sublimi liriche della poetessa, che con la loro leggera semplicità scandiscono, quasi senza soluzione di continuità, il percorso breve della sua esistenza di donna fragile, amaramente consapevole della propria grandezza, di cui con acume percepì l’inattualità, affidando la propria memoria all’amore e alla comprensione dei posteri.
Pellicola importante e secondo me, consigliabile soprattutto a chi conosce e ama la poesia della Dickinson, per evitare che l’indagine insieme evocativa e suggestiva di Terence Davies, per sua stessa dichiarazione intenzionato con questa sua fatica a rendere a Emily quella giustizia e quell’omaggio riconoscente che non ebbe in vita, venga liquidata frettolosamente come una noiosa opera cinematografica senza storia, il che sarebbe un vero peccato.
Magnifica interpretazione degli attori e, in particolare di Cynthia Nixon (la poetessa da adulta perfettamente calata nel personaggio), e di Keith Carradine, nel difficile ruolo di un padre combattuto fra la tenerezza e il dissenso più doloroso.

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