Regia di Morten Tyldum vedi scheda film
Qualcosa va storto durante il viaggio di un’astronave che trasporta 5000 coloni dalla Terra a un nuovo mondo: l’impatto con un asteroide fa sì che un passeggero esca dall’ibernazione quando mancano ancora 90 anni all’arrivo; dopo un anno, abbrutito dalla solitudine e sull’orlo del suicidio, decide di svegliare una bella collega, condannandola di fatto a morire insieme a lui ben prima di raggiungere la meta; ma i guai non sono finiti. Fantascienza umanista, ambientata in un lontano futuro ma con meccaniche comprensibili già ora: parla di qualcosa che conosciamo bene, ossia la malinconia per la finitezza dell’essere umano. Meglio sorvolare sul bieco maschilismo di fondo (fra 5000 persone il nostro sceglie Jennifer Lawrence, mica un’intellettuale bruttina con cui discutere di Kierkegaard) e anche su tutta la parte d’azione, scontata e fracassona: c’è una bella vicenda sentimentale, che dopo essere passata dall’innamoramento all’odio approda a una terza fase, nella quale comprendere le ragioni dell’altro e reinventarsi una vita diversa da quella che si era progettata; e c’è un finale visivamente emozionante. Diverte constatare che anche nei viaggi interstellari vige il classismo (alcuni fanno colazione con caffè lungo, altri con ogni sorta di leccornia); e Michael Sheen fa una sottile parodia di tutti i baristi cinematografici, la cui presunta saggezza consiste in un campionario di frasi fatte da spacciare per tutti gli usi.
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