Regia di Morten Tyldum vedi scheda film
L'incubo di rimanere soli nell'immensità dello spazio siderale.
Nel filone della neo-fantascienza inaugurato da Interstellar, e che ha portato e porterà molti registi a proporre il proprio Interstellar, si inscrive questo interessante titolo del 2016. Passengers, o della solitudine in uno spazio indefinito e illimitato. Il silenzio, il buio, il vuoto: essere soli immersi nel nulla. Paure ancestrali dell'animo umano, che vengono amplificate in una cassa di risonanza grande come l'universo. E' la prima mezz'ora la parte sicuramente più intensa ed evocativa del film, quella in cui vengono messi in scena i nostri peggiori incubi e si materializza l'urlo assordante e fatalmente inascoltato del protagonista. Con il sopraggiungere della compagnia femminile i toni drammatici iniziali vengono smorzati, perché la malasorte è ora condivisa, tuttavia permane una strisciante sensazione di panico per la crisi irrisolvibile. C'è qualcosa di affascinante in questi film con un cast ridotto all'osso, dove tutto diventa palese allo spettatore, senza filtri: rapporti interpersonali, paure, speranze dei protagonisti. Certo, al pathos sarebbe preferibile si accompagnasse anche una grande prestazione attoriale, una presenza scenica di livello: cosa che non si può richiedere alla graziosa Jennifer Lawrence e al belloccio Chris Pratt, facce scelte per intercettare un vasto pubblico (siamo sempre nell'ambito di quella vexata quaestio dell'eterno sbilanciamento fra qualità e bisogno di piacere al pubblico). E quindi il film si riduce a blockbuster con buoni momenti e inaspettati quesiti proposti di ordine morale. Al posto del nostro maschietto, ci saremmo comportati allo stesso modo, essendo soli alla mercé di uno spazio inospitale? Si può contestare l'ultimo desiderio di un malato terminale, di un condannato a morte? Più in generale, la libertà individuale quale limiti ha? Dove finisce il nostro istinto all'autodeterminazione, e dove inizia il rispetto per le libertà del prossimo? E in condizioni estreme, questi limiti si spostano? C'è un relativismo dettato dalle condizioni al contorno esterne? Senza il finale infarcito di brava melassa, queste domande sarebbero state ancor più pressanti, ma non perdono di significato. Sarebbe infine banale segnalare similitudini con 2001: Odissea nello spazio, visto che la fantascienza tutta ha attinto a piene mani dal capolavoro kubrickiano; è più interessante registrare la citazione (voluta o involontaria) da Shining del bar solitario, col barman immaginario e condiscendente verso i deliri del protagonista (in Passengers il barman è invece un affabile androide).
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